Pierino e Babar secondo Maio: quando il Lupo ulula (e l’Elefante barrisce)… in rima!

di Luigi Maio – Quando nel 1936 Prokofiev realizzò la fiaba musicale di Pierino e il lupo per il Teatro dell’Infanzia di Mosca era consapevole di quale importanza avrebbe assunto l’aspetto didattico al momento di concepire un simile capolavoro. Capolavoro per l’originalità con cui sezioni e strumenti orchestrali vengono associati ai personaggi del racconto, non tanto per l’equilibrio tra la voce e l’orchestra stessa: considerando che al compositore russo era stata chiesta un’opera mirata all’individuazione, da parte del giovane pubblico, delle forze strumentali che concorrono alla realizzazione di un concerto, possiamo capire perché il ruolo dell’attore fosse stato ridotto a mera funzione didascalica.

La voce attorale, che nella stravinskijana Histoire du Soldat (1918) o nella waltoniana Façade (1922) era calata in una dimensione teatral-musicale dove note e parole vivevano in simbiotico e concertato equilibrio, nella fiaba di Prokofiev diventa una sorta di simpatico – ma innocuo – “cicerone” incaricato di mostrare al pubblico bizzarri animali sonori “ingabbiati” tra le “sbarre” del pentagramma quali uniche attrazioni di un autentico “zoo sonoro”.

L’occasione ludica nata dal confronto tra una voce che imiti quelle dei personaggi e gli strumenti musicali più vicini per timbro e altezza ai suoni degli animali, viene negata in Pierino da un testo volutamente neutro: forse lo stesso Autore non aveva idea del peso che il pubblico avrebbe dato in futuro al narratore, quasi intuendone il potenziale ruolo solistico-concertante. Ruolo che, in alcuni casi, avrebbe assunto sbilanciate proporzioni capaci di schiacciare l’equilibrio voce-musica, basti pensare all’ingaggio, quali voci recitanti, di celebrità televisive e cabarettisti di turno fino a ridurre il capolavoro di Prokofiev a puro pretesto per operazioni mondane e commerciali.

D’altra parte, gli ormai abusati adattamenti coreografici e marionettistici dell’Opera in questione, hanno spesso compromesso l’aspetto pedagogico del lavoro: l’azione teatrale imponeva la collocazione in buca dell’intera orchestra, sottraendo l’esecuzione concertistica all’attenzione visiva dei piccoli spettatori, e arrivando talvolta all’omissione in scena del tanto amato narratore.

Nella maggior parte dei casi non si è tenuto conto di quanto il rapporto parola e musica in Pierino costituisca il punto forte della composizione. Ma come alcuni allestimenti, nello scompaginare l’originale struttura del lavoro, tradiscono l’esi-genza di “aggiungere” qualcosa al capolavoro prokofieviano, anche l’ostinato attualizzarne il testo ricorrendo a facili allusioni a politica e società dei consumi -e per paradosso ciò si verifica all’interno di operazioni mirate allo smercio di un “Pierino e il Lupo” (o di un’Histoire strawinskijana) quale mero prodotto di consumo e null’altro- rivelano la necessità di sviluppare un racconto che il grande musicista russo aveva concepito come semplice schema narrativo/didascalico senza alcuna pretesa di autonomia letteraria e teatrale.

Eppure, leggendo i libretti de L’Angelo di Fuoco (da Bryusov) o de L’Amore delle Tre Melarance (da Gozzi), possiamo constatare quanto il Genio del Nostro abbia saputo esprimersi anche in campo letterario! Da ciò si evince quanto la neutralità del testo di Pierino sia stato frutto di una scelta e non certo di un limite creativo.

Se l’esigenza di una maggiore incisività drammaturgica di questo brillante esempio di teatro musicale si fa sentire sempre più, è perché il pubblico odierno non si accontenta ormai della sola individuazione strumentale, ma è altresì curioso di assistere al dialogo tra voce e orchestra agevolato da un testo che non passi in secondo piano rispetto alla musica, ma sottolinei con agio propedeutico il rapporto tra i due linguaggi (drammaturgico e musicale) consentendo magari anche al Lupo… di parlare!

Spesso mi sono chiesto come mai tra tutti i ciarlieri animali di questa favola fosse proprio la belva, il Lupo del titolo, a non avere nemmeno una battuta, considerando che l’importante figura dell’Antagonista – se ben caratterizzata dall’estro poetico dell’Autore in sinergia con l’abilità istrionica dell’interprete – riscuote da sempre il favore del pubblico! Tanto più che Prokofiev dotò anche questa vorace fiera di un proprio leitmotiv.

Nel dare voce e rilievo a questo Lupo Cattivo –d a sempre tenuto un po’ sotto tono – ho eluso certe abusate tendenze ad edulcorare le fiabe che rischiano, nel privarle del loro simpatico e collaudato Antagonista, di compromettere la funzione educatrice delle stesse annoiando i bimbi sempre più esposti alle violente lusinghe di certi prodotti mediatici… E per donare alla recitazione strumenti che facilitino l’evasione dall’ambito del semplice melologo, sono ricorso -in sede di traduzione- all’uso della rima alludendo alla metrica -altrettanto musicale- dei libretti operistici di Prokofiev, dove l’Autore esprime quella poetica visione del mondo già compiutamente espressa nelle sue partiture…

Mi riferisco soprattutto alle rime de L’Angelo di Fuoco (1922), dove il vorace Mefistofele insegue e “divora” uno sparuto garzone il cui tema è evocato, come già fu quello dell’Anitra preda del Lupo, sempre dall’oboe: lo stesso strumento che, ancora una volta, verrà “ingurgitato” dai fragorosi accordi di corni e tromboni, sonora digestione di diavoli e di già citate bestie feroci…

E analogamente al Pierino, anche il garzone sopravvivrà alla famelica scorpacciata: se il pennuto della fiaba uscirà dal ventre del Lupo ad opera dei cacciatori, sarà il cacciatore (di anime) Mefistofele a far risorgere il giovane cameriere da un cesto d’immondizia: gesto teatrale che potrebbe resuscitare anche la curiosità intellettuale del pubblico televisivo “fagocitata”, si spera solo temporaneamente, dall’altrettanto vorace noia mediatica…

Tali soluzioni, nel rafforzare la concertazione tra voce e note già garantita dal personale impiego di una tecnica “musicattorale” antitetica alle sporadiche incursioni del cabarettismo cine-televisivo, possono veicolare con maggiore incisività quell’approfondimento ludico della conoscenza musicale tutt’ora così trascurato nel nostro paese.

E affiancandosi al magico tocco di Enrico Grillotti al pianoforte, il mio ruolo di Musicattore potrà dare tanto al “Pierino e il Lupo” quanto al celebre “Babar” di Poulenc (anch’esso riscritto in Rima per l’occasione), l’inedita veste Teatral/Cameristica che ormai tanto attrae il pubblico di giovanissimi i quali, sempre più numerosi, seguono con vivo entusiasmo i miei spettacoli. Per questo l’Unicef ha voluto onorarmi del titolo di suo Ambasciatore nell’ideare progetti che garantiscano un insolito -ancorché efficace- approccio ludico/culturale a Classici teatral-musicali restituiti alla veste cameristica e sinfonica.

Luigi Maio sarà sabato 16 gennaio alle 21 a Finale Ligure per mettere in scena due tra i suoi più applauditi cavalli di battaglia: “Babar l’Elefantino” e “Pierino e il lupo”.