di Francesca Bogliolo – Camminando dentro alcuni spazi espositivi, può accadere che si abbia la sensazione di trovarsi in un ambiente familiare, affacciato su un mondo reinterpretato, rivissuto su materiali che ne contengono e ne trasformano le caratteristiche, ripetendo un movimento ciclico che altro non è che lo stesso fluire del tempo. Ecco perché davanti ai teloni di Rosa Maria Scala bisognerebbe potersi sedere, come davanti al mare, per ascoltare parole che sembrano derivare da una saggezza antica, e che, come il moto perpetuo delle onde parlano della bellezza del mondo.

Fin dal primo sguardo, il materiale sulla tela appare vivo, dinamico e coinvolgente: alle volte il colore rappreso rimanda alle concrezioni depositate sulle conchiglie, altre il tratto si piega alla rappresentazione di quella che sembra un’onda, una folata di vento caldo, un giunco mosso dal vento, un vortice marino. Lo stesso materiale scelto, d’altra parte, trattiene come cicatrici le intemperie che lo hanno segnato durante la sua destinazione d’uso; i teloni con cui si ricoprivano barche e carrozze merci accolgono come fantasmi del passato vento, pioggia, polvere e arsura, trasformandoli come il mare fa con i sassi, mutando i ricordi in colore, plasmandone la memoria.

La storia personale di Rosa Maria Scala si concretizza sulla tela, che nel corso degli anni cambia l’aspetto ma non la sostanza, così come noi mutiamo le vicende ma non il carattere. C’è una coerenza di fondo che guida le ricerche dell’artista, che, pur sperimentando altre tecniche, torna sempre ai suoi teloni, ai suoi ricordi d’infanzia, alle sue contraddizioni, a casa. La strada percorsa e tracciata sulla tela dalla Scala è una via che indica la ricerca di un percorso interiore, la stessa che l’ha condotta, in passato, a soggiornare a lungo in uno shudojo (luogo di studio e pratica di filosofie e tradizioni orientali), e che la guida oggi nell’affermazione della propria individualità. I teloni di Rosa Maria sono pagine di una autobiografia, finestre di una veranda che si affaccia sul passato, sul futuro e sul mondo, creazioni artistiche nate da un’intenzione spontanea che sembrano avere un destino racchiuso nel titolo. Lo spettatore, d’altra parte, è lasciato libero di cambiare il titolo all’opera, di darne uno in base alla propria esperienza, perché, come sostiene Baricco, ‘il mare è senza strade, il mare è senza spiegazioni’.

L’alternarsi di acqua e terra crea un universo pittorico dove tutto sembra trovare un caotico ordine primordiale, in cui ogni singola goccia di colore trova il proprio posto. Davanti al moto avvolgente, messo in risalto dalla misura delle opere, si avvertirà comunque un senso di quiete, come quando dopo una tormenta si osservi il paesaggio ormai silenzioso. Tramite i teloni, Rosa Maria Scala ci coinvolge nel suo tributo all’oriente, nella accettazione di una saggezza secondo la quale ‘nessun fiocco di neve si posa mai nel luogo sbagliato’.

La mostra di Rosa Maria Scala, ai tre Piani dell’Oratorio di Finalborgo, ripercorre alcune tappe del periodo creativo dell’artista attraverso una selezione di opere in buona parte di grandi dimensioni; vernissage domenica 28 febbraio; l’esposizione rimarrà visitabile sino al 28 marzo.