Umane emozioni tra le righe… la paura. Un dialogo “Corsaro” tra Alessandro Sbarile e lo psicologo Alfredo Sgarlato.

Alessandro: Cos’è la paura?

Alfredo: La paura è un’emozione: dobbiamo distinguere le emozioni dai sentimenti, perché le emozioni sono percepite dalla parte più interna del cervello in risposta ad uno stimolo interno e sono sensazioni di breve durata ma intensissime, mentre un sentimento è qualcosa di più evoluto, che dura nel tempo e si prova a livello di corteccia cerebrale, dove si svolgono i processi mentali superiori.

La paura è una delle emozioni primordiali: noi dobbiamo tenere conto che l’uomo nasce come animale predato e non come predatore (poi diventa predatore con l’uso degli oggetti), e se non provasse paura non potrebbe sopravvivere.

Alessandro: Come la paura condiziona l’agire umano?

Alfredo: Condiziona l’agire umano perché fa scattare un segnale d’allarme per cui una persona agisce con la fuga o con il contrattacco, queste sono le due possibilità che ha un essere vivente di fronte al pericolo. La situazione o le caratteristiche delle persone faranno sì che venga “scelta” una delle due opzioni ( “scelta” fra virgolette perché si tratta pur sempre di un processo inconscio).

Alessandro: Pensiamo ad esempio ai ragazzini che guardano i film dell’orrore coprendosi gli occhi, per dirla con una nota canzone “questa avventura da un lato li attira e da un lato li spaventa un po’”; la paura ci attira? Perché questo processo?

Alfredo: Non è tanto la paura ad attrarci ma la catarsi che proviamo nel dire “non ho avuto paura”: quindi è un piacere dell’uomo, soprattutto durante l’infanzia e l’adolescenza, mettersi alla prova, come nelle sfide fra amici o con la passione per l’horror, che è tipica degli adolescenti. Affrontare la situazione paurosa serva a cementare le relazioni: al bambino piace aver ascoltato la favola paurosa perché è vicino ai genitori e sente che non è in pericolo, oppure l’adolescente sa di poter contare sul gruppo, infatti spesso in questi film c’è un gruppo di amici: sovente negli horror o nei fantasy, come Harry Potter, troviamo una situazione archetipica in cui il ragazzo più timido del gruppo, posto di fronte alla sfide, si mostra il più coraggioso.

Alessandro: Michael Moore nel film “Bowling a Columbine” mette in evidenza il ruolo giocato dai media nel generare la paura, anche nell’ottica del controllo sociale, è così?

Alfredo: Verissimo; i media cavalcano la paura perché è un messaggio più semplice da capire: è possibile che dia anche più piacere la smentita in seguito.

A tale proposito c’è un esempio che ho notato e da questi particolari si capisce come va il mondo: anni fa i giornali sportivi sparavano nel titolone “La Juve (o il Milan o l’Inter) compra il nuovo Maradona”, cosa che poi puntualmente non avveniva; oggi è più facile vedere titoloni in cui viene minacciata la cessione di un campione amato, tipo “La Juve vende Buffon” seguita da puntuale smentita; evidentemente funziona meglio spaventare i lettori e quindi confortarli che attrarli con le promesse. E’ possibile anche che questo denoti il passaggio da un’egemonia della cultura progressista, quindi proiettata al futuro, ad una conservatrice,dunque legata al passato.

Alessandro: A tale proposito molti sociologi ed analisti ritengono che laddove una campagna elettorale abbia la paura fra le tematiche dominanti, l’elettorato sia più orientato a portarsi su posizioni conservatrici, è possibile?

Alfredo: Certo: se vogliamo, tra le tante componenti della distinzione destra-sinistra, una delle meno studiate ma delle più importanti, specie in Italia e in America, è quella che vede la sinistra come razionalismo (da cui discende il marxismo, per esempio) e la destra come difesa delle teorie non razionaliste pre-illuministe (la cui degenerazione portò al nazismo); fare campagna elettorale contro un nemico è molto più facile che farla facendo promesse che sarà difficile realizzare o che non tutti trovano interessanti.

Alessandro: Ma la politica, visto che di solito risponde agli ideali o agli interessi di ciascuno, non dovrebbe essere anzitutto un fatto razionale?

Alfredo: In teoria sì, però l’essere umano non è del tutto razionale, quindi fare una campagna politica solo su temi razionali sarebbe perdente; senza contare che non necessariamente razionale e giusto coincidono, ad esempio curare i malati: se in alcuni casi razionalmente non ne varrebbe la pena, sul piano emotivo è sempre al primo posto, quindi il fatto che l’essere umano non sia totalmente razionale è anche positivo.

Alessandro: Alcuni studiosi ritengono che gli esseri umani usino le emozioni come strumento di percezione, arrivando a parlare di “intelligenza emotiva”, si può arrivare a dire ciò?

Alfredo: Si apprende molto per imitazione: è recente la scoperta di Giacomo Rizzolati che l’uomo e gli animali son dotati di “neuroni specchio” che servono a copiare i comportamenti altrui, sia sul piano pratico sia sul piano emotivo (vediamo una persona che prova un’emozione e riusciamo a capire cosa prova, la cosiddetta empatia, di cui gli psicopatici sono privi).

Essendo la paura un emozione, c’è un imprinting biologico: abbiamo capacità innate e sono quelle di reagire emotivamente a certi eventi; nel bambino, che pure vive in un ambiente protetto, emergono delle paure istintive, sia legate a situazioni che non è in grado di capire, come l’alternanza luce-buio, o a situazioni relazionali, come il temere la lontananza della madre, a poco a poco deve imparare che il distacco è solo temporaneo.

Alessandro: Che rapporto c’è fra paura e ignoto?

Alfredo: Ovviamente quello che non si conosce può generare curiosità o può generare paura; in personalità poco uscite dall’infanzia l’idea del cambiamento è qualcosa che spaventa; quindi possiamo dire che, a parte in casi in cui la paura ha un fondo razionale o è legata a un trauma personale, la paura ingiustificata si può considerare un infantilismo.

Alessandro: Che distinzione c’è fra paura e fobia?

Alfredo: La fobia va distinta dalla paura, perché la fobia non ha giustificazione razionale: ad esempio la paura dei ragni o di una situazione, come prendere l’aereo; in tal caso ha un significato simbolico che va investigato. Nella maggior parte dei casi dietro alle fobie si nasconde o la paura della morte o, ancora di più, dell’abbandono, che è l’evento traumatico che più di tutti viene rivissuto sotto forma di fobie; esistono anche persone in cui le fobie sono di tipo sociale, come la paura dell’altro, dell’avere relazioni profonde o di partecipare a eventi pubblici: questo può rappresentare, anche se non in assoluto, senso di inadeguatezza o perfezionismo portato all’estremo. Va detto che i casi di fobici molto ben precisi, come descritti in Freud, sono oggi molto rari: oggi è più facile trovare o delle fobie represse che sfociano nell’attacco di panico, che avviene una tantum in un periodo di angoscia ed ha una manifestazione più somatica che comportamentale (ha gli stessi sintomi dell’infarto), oppure più che fobia di un oggetto incontriamo le personalità di tipo fobico, che tendono ad evitare soprattutto il contatto fisico, le situazioni sociali dove ci si deve esporre molto.

Alessandro: La paura è un fatto individuale o sociale?

Alfredo: È ambedue le cose, perché l’individuo vive in una società e questa è fatta di individui, che si influenzano reciprocamente: esistono fenomeni di contagio psichico, un fenomeno che può essere circoscritto ad una parte della popolazione, può per imitazione estendersi alla popolazione intera, del resto funziona così anche la moda.

Alessandro: Una delle paure di cui si parla più spesso è la “xenofobia”, che origine ha?

Alfredo: Ha radici storiche, come scrive lo psichiatra Jervis “quando la Bibbia dice -ama il prossimo tuo- probabilmente lo intendeva alla lettera, inteso come parenti o membri della tua tribù”; gli studi degli antropologi sui comportamenti dei bambini e degli animali più evoluti dimostrano che l’uomo è per natura collaborativo, empatico, insomma “buono”; però ha anche l’istinto della tribù, si porta a considerare il membro della tribù come “amico” e chi non fa parte della tribù, se non come “nemico”, per lo meno come “barbaro”, e questo sin dall’antichità. Nel corso dei secoli sono nati movimenti come il cristianesimo, l’illuminismo e il socialismo, che hanno cercato di far coincidere il concetto di tribù con la parte più grande possibile dell’umanità, però nell’epoca postmoderna, ove le grandi ideologie non hanno più presa, si ritorna a vivere l’idea delle piccole comunità, in cui nascono nuovi fenomeni detti delle “comunità immaginate”.

Alessandro: Che rapporto c’è fra paura e solitudine?

Alfredo: È un rapporto fortissimo, perché chiaramente chi è da solo può fare ben poco: se si ammala e non riesce ad alzarsi fatica a curarsi, se uno è solo e vede arrivare un gruppo di ladri ha più paura che se si trova in mezzo a 20 persone; il crescente senso di solitudine nella nostra società fa aumentare paura e “insicurezza”, non solo intesa come “ordine pubblico” ma anche in senso esistenziale, fino al caso estremo, in cui la solitudine porta alla depressione, che in fondo è la paura di vivere.

Alessandro: Sempre nel film di Michael Moore si mette l’accento sul rapporto fra paura e consumo, esiste un legame fra queste due cose?

Alfredo: C’è perché la persona non felice tende a consumare di più: è non felice perché solo, ha paura, non vanno le cose, però acquistare è un po’ una droga, non ha il flash dell’eroina ma dà una sensazione di piacere, infatti alcuni dicono che una perfetta società consumista è fatta di persone sole e infelici

Alessandro: Gli oggetti possono fungere da “coperta di Linus” o fare da totem contro alla paura?

Alfredo: Sono cose un po’ diverse, ma ambedue ci possono stare: la “coperta di Linus” è quella che il grande Winnicott chiama “oggetto transizionale”, che è quello che il bambino utilizza per vincere la paura dell’assenza della madre; il totem è un oggetto sacro che contraddistingue tribù e comunità, oggi sostituito da quelle che Marx definiva come “feticismo delle merci” o che altri chiamano “status o style symbol”, per cui il possesso di un oggetto ti fa sentire parte di un gruppo di eletti.

Alessandro: Si può curare la paura?

Alfredo: La paura non si cura perché è un istinto dell’uomo, la fobia, che abbiamo visto essere una cosa distinta dalla paura, si cura con un percorso di psicoterapia, in cui si cerca di capire il significato; le paure sociali, se sono irrazionali, si curano smontandole, anche se è molto difficile perché tra le caratteristiche negative della non razionalità umana c’è il non saper leggere dati e statistiche, quindi è molto difficile smontare un fenomeno semplicemente dimostrando che non è così, perché il piano di lettura emotiva delle cose è molto più forte di quello razionale. Il miglior modo per combattere le paure sociali è creare qualità della vita.

* fratelli della costa: la rubrica Corsara di Alessandro Sbarile e Alfredo Sgarlato