di Nicola Isetta (SEL – Circolo di Quiliano) – È ormai da oltre un decennio che continua una politica centrale di destrutturazione del sistema sociale, economico ed istituzionale. Per due anni non hanno voluto raccontare quello che realmente succedeva, nascondendo la reale dimensione della crisi. Hanno prevalentemente risarcito quei soggetti che ne erano stati i protagonisti attivi, coloro che hanno portato il mondo sull’orlo di un precipizio. Come si può immaginare di proporre a un lavoratore o a un pensionato il sacrificio se prima non si spiega come si intende cambiare questa logica perversa. Se non si pone fine all’allegra finanza degli speculatori e non si ricostruiscono regole del gioco nuove.

Bloccare per anni i contratti dei lavoratori del pubblico impiego, 1100-1200 euro al mese,  significa produrre un effetto depressivo sull’economia nazionale, ridurre la platea dei consumi e dei consumatori, stare dentro l’onda della recessione. Pensare di poter bloccare l’andata in pensione di chi l’aveva programmata è assurdo.

Se le misure fossero eque, al primo punto bisognerebbe mettere la possibilità di colpire i grandi patrimoni, la rendita parassitaria, le transazioni finanziarie. Colpire quegli evasori che avevano portato milioni di euro all’estero. Ma si possono scaricare 24 miliardi di euro per intero sul lavoro dipendente, sui pensionati, sulla povertà, sulla fragilità

La flessibilità è un obiettivo straordinario in una società che realizza la piena occupazione. In un Paese in cui la disoccupazione in gran parte del territorio è a due cifre la flessibilità è un trucco delle parole che consente di chiamare flessibilità ciò che è precarietà. E la precarietà oggi non è solo una condanna per chi ha contratti atipici, l’intero mondo del lavoro è turbato da questo sentimento di precarietà.  Il lavoro è scomparso dalla scena pubblica. Un percorso credibile deve iniziare da un concetto molto semplice “Tasse ai ricchi”.

Abbiamo di fronte a noi la prima giovane generazione che è compiutamente al di fuori dell’idea del lavoro come prospettiva, come futuro. Una generazione compiutamente precarizzata non solo nella sua proiezione produttiva, ma nella sua immagine di futuro.

A sinistra non è possibile immaginare ricette taumaturgiche. A sinistra si è consumata una gravissima sconfitta che non è solo quella elettorale, ma è una crisi di cultura, di prospettiva, di narrazione, di egemonia. Oggi potremmo usare l’occasione drammatica della crisi economica e sociale per provare a recuperare un rapporto di verità con il paese, con le sue sofferenze e le sue aspettative. Lì c’è il cantiere dell’alternativa, l’alternativa non può nascere dalle alchimie di palazzo, sperando che un pezzettino dell’altra parte si possa staccare e venire in soccorso. Di lì non nasce niente. Dobbiamo soprattutto parlare alla società italiana e alle giovani generazioni, essere la sinistra che dà speranza perché organizza le lotte. Una sinistra che fa un mestiere antico ma nelle forme più moderne e più flessibili. C’è bisogno che tutte le forze del centrosinistra si accorgano della propria inadeguatezza e si lascino aiutare nel rapporto forte con la società civile, con i movimenti e con le associazioni. Provino a costruire un cantiere di autorigenerazione. La politica deve essere un principio di ricostruzione della comunità e il partito è un mezzo, non un fine.

Viviamo in un paese smarrito in cui bisogna dare un contributo attraverso la comunicazione con la gente e della voglia di sparigliare i giochi degli alchimisti, degli strateghi della tattica che dominano la scena della politica. La sinistra non può vincere se va in un laboratorio a ricercare una maschera di Berlusconi di sinistra da mettere in faccia a qualcuno. La sinistra vince se contro Berlusconi è capace di convocare un popolo che si appassiona a un’idea di futuro. Mi sento innamorato dell’idea che si può ancora contribuire a cambiare la vita e a cambiare il mondo. Vediamo gli strumenti utili per il cambiamento. Recuperiamo la volontà e la credibilità di farlo.

* Nicola Isetta – Sinistra Ecologia Libertà Circolo di Quiliano