di Mary Caridi – Alla luce del sole, da giorni finiscono sulle pagine dei giornali, le prove generali di una battaglia pre-congressuale, dove gli unici veri assenti sono gli iscritti del partito democratico e la sua base, che subiscono e guardano da lontano indicazioni esterne e autocandidature .Se vi sarà un candidato unico e pare che il rischio sia ormai scongiurato, loro sarebbero stati espropriati da qualunque scelta che non fosse una sterile chiacchierata nei circoli, specchietto per le allodole di una pseudo democrazia partecipata. In democrazia la base tramite gli iscritti ad un partito dovrebbe indicare i nomi e in seguito sulla rosa di nomi si dovrebbe votare.
Mentre online il sito savonese del pd è off e si riorganizza graficamente e nei contenuti , a Savona i politici discutono tra loro. Sotto gli occhi, a tratti rassegnati, a tratti sgomenti degli iscritti che stanno osservando l’epica battaglia per la conquista di un posto, che pur diminuito nella sua influenza, dato che il colore delle amministrazioni locali del provincia di Savona, da rosso diventa sempre più azzurro e verde, a quanto pare è ancora un terreno ambito.
Al centro dei giochini Livio Di Tullio che da tempo tuona affermazioni contro le primarie. Diceva così nel marzo del 2009:” “Io mi sono iscritto al Pd immaginando che le primarie fossero la soluzione estrema o, meglio, l’ultimo passaggio di una lunga e faticosa discussione politica, ovvero che se all’interno del Partito, dopo molto discutere e capirsi, restavano questioni politiche o programmatiche non componibili, fosse giusto cedere il diritto di decidere agli elettori o, ancora, che, qualunque decisione importante si prendesse, fosse poi necessario convalidarla con un giudizio degli elettori del Pd” .
Il paradosso è che lo stesso Di Tullio, scriveva poi una lettera inviata a tutti i “compagni”e “amici” della segreteria savonese per contestare l’investitura anticipata di Franco Vazio come futuro segretario provinciale. «Contesto il metodo: la costruzione di una candidatura al di fuori di un percorso trasparente e partecipato appartiene ad un passato che deve essere superato» ha attaccato nei giorni scorsi Di Tullio.
Diviene fastidioso constatare che l’iter e le pastette che hanno portato al ritiro precipitoso della candidatura di Franco Vazio e alla santa alleanza con lo stesso Di Tullio, nel nome di un’ improbabile unità del loro partito, è lo stesso metodo contestato da chi poi lo ha esercitato e appare agli occhi delle nuove leve pd, stantio residuato dei riti della vecchia politica centralista. Per scegliere un segretario politico è previsto che gli iscritti siano consultati. Su cosa se il nome è uno solo? Giochi che parevano fatti se non fosse che per Di Tullio i mal di pancia sono forse appena iniziati.
Considerando che quando un partito perde come ad Albenga o come in provincia è giunto forse per questo partito il momento di sperimentare strategie nuove, persone nuove, idee nuove, le stesse cose che chiedeva Di Tullio, ma che ora si scopre erano funzionali solo a far fuori gli altri e a costruire la sua segreteria. Le acque si stanno agitando e incrinano il silenzio assenso gastritico di molti iscritti del pd, che si dice chiedano invece che il congresso sia un congresso vero, che metta in campo più soggetti che propongano piattaforme, su cui aprire quantomeno un vero dibattito tra gli iscritti del partito democratico, senza che il confronto sia vissuto come divisione, ma come momento in cui si elaborano nuove strategie e programmi per marciare uniti dopo che sia raggiunta la quadra sulle politiche e che non sia come in campo nazionale con la stucchevole proposta della Serracchiani che , bontà sua, pensa che cambiare il logo di un partito sia essenziale e non capire che vinci di nuovo se sai chi è il tuo elettorato di riferimento per poi essere nei luoghi dove ti cerca e si trova. Nelle fabbriche, nelle scuole, tra i giovani, nelle piccole medie imprese, nella società dove i problemi sono enormi e l’opposizione visibilmente assente.
Nella ormai sconfinata prateria su cui pascola il centro destra che metro su metro sottrae territorio al centro sinistra, quanto di peggio possa accadere al pd è proprio questa manfrina, questi riti obsoleti che fingono di dare la parola alla base e che secondo lo stesso Di Tullio, il teorizzatore che affermava ” la costruzione di una candidatura al di fuori di un percorso trasparente e partecipato appartiene ad un passato che deve essere superato» , sia invece decisa da poche persone e data in pasto agli iscritti senza che poi abbiano alcun potere decisionale su colui o colei che li dovrà guidare nei prossimi anni difficili e di riconquista delle posizioni perdute per dare una speranza agli elettori di centro sinistra che non vogliono morire berlusconiani o dover guardare a Fini come al salvatore della patria.