La questione fiscale con importanti richieste per puntare a una maggiore qualità delle strutture ricettive, ma anche un intenso dibattito sulle ipotesi di imporre la famigerata “tassa di soggiorno”, prima agli alberghi della Capitale, con il timore che in futuro possa essere estesa sul resto del territorio nazionale. Sono i temi principali emersi alla sessantesima Assemblea nazionale Federalberghi che si è appena conclusa a Roma. Al convegno, presieduto dal responsabile nazionale Bernabò Bocca, di fronte a un affollato uditorio al quale si sono uniti il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il ministro del turismo Vittoria Brambilla. Per la Liguria hanno partecipato Amerigo Pilati, presidente regionale e della provincia di Imperia; Giuseppe Cerminara, presidente Federalberghi della provincia di Savona e Marco Pasini presidente di La Spezia .

“Federalberghi, la più rappresentativa associazione di categoria a livello nazionale che vanta il 90 per cento degli alberghi italiani iscritti, pari a 28 mila associati – dice Cerminara – è una organizzazione propositiva ed estremamente vivace dal punto di vista del confronto continuo con le forze politiche. Elementi che derivano dalla forza del numero degli iscritti e dalle istanze raccolte sul territorio”. Quali sono quelle che interessano particolarmente il Savonese? “Primo fra tutti l’aliquota Iva al 10 per cento applicata ai servizi alberghieri del nostro Paese. Per la Liguria e il Savonese in particolare, si tratta di combattere contro la concorrenza diretta di Francia Spagna, Paesi nei quali l’imposta sul valore aggiunto arriva tra il 5,5 e il 7 per cento, a fronte di quella applicata dallo Stato italiano. Per i nostri operatori si tratta di affrontare un fardello che Federalberghi giudica pesante e destinato sempre più a ripercuotersi gravemente sulla competitività del turismo italiano. E io aggiungo che la vicinanza, e quindi l’agguerrita concorrenza della Costa Azzurra e della Costa Brava, non fanno altro che evidenziare un errore così evidente dettato dai condizionamenti per scelte fiscali che penalizzano il nostro settore. Chiediamo quindi con forza al Governo di intervenire rapidamente per mettere fine a questa situazione, garantendo sin d’ora che i soldi della minora tassazione potranno essere investiti dagli imprenditori alberghieri nel miglioramento delle proprie strutture e dei servizi agli ospiti”.

E riguardo alla ventilata ipotesi di applicare una tassa di soggiorno alle città d’arte? “Per il momento si parla di soltanto di Roma, e l’allarme è già alto. Ma il rischio è che questo nuovo e assurdo balzello – risponde il presidente Cerminara – si estenda anche ad altri centri turistici, per consentire ai Comuni di fare cassa e a fronteggiare la crisi. Gli effetti per il turismo alberghiero sarebbero devastanti. E si dovrebbe anche valutare la disparità di trattamento tra operatori dello stesso settore, in quanto la tassa di soggiorno non andrebbe ad incidere sulle forme di ricettività alternative. Federalberghi si oppone quindi a una misura che, ancorché in embrione, si rivela già una inutile gabella per far fronte alle spese correnti dei Comuni, nell’illusione che queste possano essere minimamente produttive”.