di Mary Caridi – D: Siamo ormai alla vigilia dell’elezione del nuovo segretario provinciale del pd. Alcune voci del partito non concordano su come sono nate le candidature. Lei, Nino Miceli, si è schierato apertamente con Livio Di Tullio. Perché? Cosa la convince di questo candidato?
R: Penso che la necessità che abbiamo adesso sia quella di avere un partito forte, autorevole e autonomo, capace di elaborare un proprio progetto, una propria linea a volte anche talvolta parzialmente dissimile rispetto alle amministrazioni. Per fare questo occorre che ci sia un segretario che abbia una statura e un profilo suo autonomo di autorevolezza, anche se comprendo bene la necessità di un forte rinnovamento, di volti nuovi, credo che una figura autorevole difficilmente si affacci alla politica per la prima volta. Bisogna scegliere cosa sia importante, la novità o l’autorevolezza. Per le necessità che abbiamo oggi, maggiormente l’autorevolezza perchè, a mio avviso, dobbiamo aprire un ciclo nuovo, siamo reduci da due anni molto complicati con delle sconfitte elettorali pesanti , e penso che sia molto importante rimettere la barra in sesto e per farlo occorre quel quid di autorevolezza e capacità che può condurre ad una nuova fase. Secondo me la candidatura di Livio Di Tullio ha queste caratteristiche.
D: La CGIL continua ad essere la fucina dei dirigenti del pd?
R: Non è questione di questa o quella associazione o organizzazione, tutte importanti. È sicuramente vera una cosa che essendo diminuite le occasioni di crescita interna ad esperienza di partito, le strade da cui puoi attingere per costruire un’ autorevolezza ed anche un’ esperienza nei gruppi dirigenti sono due, le amministrazioni e le organizzazioni sindacali e le associazioni di impresa.
D: Cosa può dire a coloro che si erano avvicinati al pd come ad un soggetto nuovo e che non trovano quell’identità definita, quel timbro forte e che, delusi si tirano fuori o si disimpegnano con l’asetensionismo?
R: Questo è il problema dei problemi, perchè quando è nato il pd, molti si sono avvicinati al pd ispirati dal suo progetto, dal discorso del Lingotto di Walter Veltroni, dall’idea di partito a sua vocazione maggioritaria, che cerchi di parlare ad una fetta ampia della società. Credo che si deve ripartire da lì, nella ricerca di aggregare intorno al pd tante persone anche quelli che si sono persi per strada. Facendo convivere insieme storie e provenienze diverse tra loro, persone che non provengono da storie antecedenti, cosa importante anche sul piano simbolico. Ho partecipato ad una riunione di zona del medio ponente in un circolo del pd, ci sono state tre citazioni: Marx, Gramsci e Togliatti, alle pareti c’erano solo i ritratti di Berlinguer, Togliatti e Gramsci. Ora, va bene ed è come nell”album di famiglia è una cosa che appartiene a tutti, ha a che fare con le emozioni, ma il pd è anche altra cosa e deve aprirsi anche simbolicamente ad esperienze diverese e nuove..
D: La corsa alla segreteria provinciale in effetti sembra essere una lotta interna agli ex ds. L’ alleanza con Vazio è un ritorno a casa di tutti.
R: Non c’è dubbio. Il rischio che ci sia un tratto eccessivamente legato soltanto all’esperienza degli ex ds è molto forte. Io confido che in virtù delle doti di pragmatismo e di flessibilità di Livio Di Tullio, ci sia poi la condizione e la possibilità in realtà di recuperare anche quella parte significativa di mondo cattolico che in provincia di savona in particolare ha visto un allontanamento dal partito democratico , credo che questo sia stato uno dei problemi che abbiamo avuto e credo che si debba lavorare in questa direzione.
D: Appare stupefacente che proprio in un momento in cui c’è una decadenza della società e della democrazia e che il partito di opposizione sia così debole e non proponga un idea alternativa di società
R.: Si, è un paradosso. Purtroppo non solo italiano, un problema che in questa fase esiste in tutta l’Europa. L’ Europa che ha conosciuto gli strumenti della protezione sociale, della ridistribuzione del reddito, del welfare, è il pezzo di società che più di altre sta patendo gli effetti della globalizzazione. Come purtoppo spesso è accaduto nella storia l’ ‘Europa davanti a scenari recessivi dà una risposta di destra, è successo anche 100 anni e poi è sfociata nella seconda guerra mondiale. Mentre dall’altra parte di mondo occidentale nello stesso scenario economico come negli Stati Uniti nelle stesse condizioni dà risposte di sinistra, prima con Roosevelt e ora con Obama.