di Marco Melgrati – In relazione alla velata apertura del Presidente Burlando durante il commento agli interventi dell’opposizione alla relazione programmatica di governo, ed in particolare all’intervento del Consigliere del P.d.L. Marco Melgrati, dove Burlando aveva detto “nella passata legislatura abbiamo avuto, come maggioranza, un eccessivo arroccamento sui temi della casa e sulla legge del “Piano Casa” in particolare”, e in seguito ai proclami dell’assessore all’Urbanistica Marylin Fusco sui media, speravamo, come gruppo consiliare P.D.L. che si mettesse mano immediatamente alla legge 49/09 detta Piano Casa. Soprattutto dopo che l’assessore ha incontrato tutti i Sindaci della Liguria, che hanno manifestato preoccupazione per una legge che non ha dato frutti e che ha ingenerato dubbi e confusione, soprattutto dopo la farsa delle circolari scritte e poi revocate, sulla base di una interpretazione autentica fornita dall’allora Presidente del Consiglio Regionale Mino Ronzitti, che ha compiuto un grave atto amministrativo. Infatti l’unico organo preposto ad una interpretazione autentica è il Consiglio Regionale, cioè l’organo che ha votato la legge.

Invece, ai proclami dell’assessore, è seguito il silenzio imbarazzato della maggioranza, e soprattutto nulla è stato portato in Commissione Consiliare, sede del dibattito per iniziative di questo tipo. Il gruppo del P.d.L. ha pensato che fosse troppo importante l’argomento per rimanere in silenzio, e ha quindi presentato ieri una proposta di legge che mi vede come primo firmatario e come relatore.

Proposta di legge per modifiche alla Legge Regionale n. 49/2009

* Relazione di Arch. Marco Melgrati Consigliere Regionale – Gruppo Consiliare P.d.L.

Il 31 marzo 2009 è stato sottoscritto tra il Governo e i rappresentanti delle Regioni in conferenza unificata l’accordo definitivo sul c.d. “Piano Casa”, al fine di “favorire iniziative rivolte al rilancio dell’economia, rispondere anche ai fabbisogni abitativi delle famiglie e per introdurre incisive misure di semplificazioni procedurali dell’attività edilizia”.

Con tale accordo, le cui misure sono state poste in campo per fronteggiare una tra le più gravi crisi economiche-finanziarie della storia moderna, le Regioni si sono impegnare ad approvare, entro e non oltre 90 giorni, proprie leggi ispirate ai seguenti principi: a) ”regolamentare interventi – che possono realizzarsi attraverso piani/programmi definiti tra Regioni e Comuni – al fine di migliorare la qualità architettonica e/o energetica degli edifici entro il limite del 20% della volumetria esistente di edifici residenziali uni-bi familiari o comunque di volumetria non superiore a 1000 metri cubi, per un incremento complessivo massimo di 200 metri cubi, fatte salve diverse determinazioni regionali che possono promuovere ulteriori forme di incentivazione volumetrica; b) disciplinare interventi straordinari di demolizione e ricostruzione con ampliamento per edifici a destinazione residenziale entro il limite del 35% della volumetria esistente, con finalità di miglioramento della qualità architettonica, dell’efficienza energetica ed utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e secondo criteri di sostenibilità ambientale; c) introdurre forme semplificate e celeri per l’attuazione degli interventi edilizi di cui alla lettera a) e b) in coerenza con i principi della legislazione urbanistica ed edilizia e della pianificazione comunale”.

All’accordo si è giunti in seguito a un aspro confronto istituzionale tra le parti coinvolte, e rappresenta un’importante opportunità per tradurre principi di politica legislativa in azione amministrativa, assolutamente necessari per il rilancio dell’economia ligure.

In data 03 novembre 2009 con il n. 49 è stata approvata dal Consiglio Regionale, Assemblea Legislativa della Liguria la legge al titolo: MISURE URGENTI PER IL RILANCIO DELL’ATTIVITA’ EDILIZIA E PER LA RIQUALIFICAZIONE DEL PATRIMONIO URBANISTICO-EDILIZIO.

Questa legge, che avrebbe dovuto dare una risposta in termini economici e di miglioramento della qualità abitativa, senza ulteriormente consumare territorio, ha evidenziato, nei primi sei mesi di applicazione, limiti enormi dovuti a due fattori fondamentali.

Il primo è la difficoltà di interpretazione degli uffici regionali, che ha ingenerato circolari poi annullate e sostituite.

Il secondo è la difficoltà di applicazione della Legge al patrimonio edilizio esistente, così come formulata, la difficoltà di applicazione e di lettura da parte degli uffici tecnici comunali per la mancanza di alcune precisazioni, che le circolari non hanno potuto chiarire.

Ma il limite maggiore, e il confronto con i Sindaci di tutta la Regione lo ha evidenziato con chiarezza, e le associazioni di categoria lo hanno ribadito, da quella dei Piccoli Proprietari Immobiliari all’associazione Costruttori, dagli Artigiani alle Cooperative, agli Agenti immobiliari, è che, così come è scritta, non ha prodotto quei benefici in ordine all’adeguamento e alla riqualificazione del patrimonio immobiliare, alle esigenze abitative delle famiglie Liguri, ma soprattutto alla filiera produttiva dell’economia basata sull’edilizia.

Questa legge, che va ad integrare e modificare la Legge 49/2009, pur con minime modifiche, dettate dall’esperienza derivata dal tempo di applicazione della stessa legge, si propone, senza voler stravolgere una legge nata con le logiche e gli equilibri di una maggioranza riconfermata dalle recenti elezioni, di apportare dei lievi correttivi che dovrebbero far compiere alla legge stessa e quindi all’economia collegata, un salto di qualità in termini di comprensione, qualitativi e quantitativi, tali da andare nella direzione dello spirito con cui era stato firmato il patto tra Governo e Regioni, in un momento di crisi economica ancora peggiore a quello che aveva ispirato il patto stesso.

Con la legge detta “Piano Casa” approvato dalla Regione Liguria, che ha escluso in maniera arbitraria gli immobili condonati in tipologia 1 anche in maniera parziale dalla possibilità di ampliamento, ancora una volta si è persa l’occasione di poter avere finalmente una legge che riqualificasse l’esistente.

Già solo uno degli articoli che si andranno a modificare con questa legge, che prevede l’estensione dei benefici dell’ampliamento anche agli immobili legittimi, cioè costruiti con licenza o concessione edilizia o permesso a costruire, con parti di queste condonate in tipologia 1, dove le porzioni condonate vengono stralciate dal computo dell’ampliamento, modifica peraltro chiesta a gran voce da tutti, cittadini, operatori, amministratori, potrebbe già di fatto riqualificare buona parte del patrimonio edilizio esistente;

La modifica dell’art. 1 con i 30 mesi del campo temporale di applicabilità della legge in luogo dei ventiquattro previsti, oltre a riportare a zero i mesi persi con la difficile applicazione, dovuta ai problemi già evidenziati, mantiene il carattere di straordinarietà di questa legge.

L’inserimento di un nuovo elemento all’art. 2 al comma c, ed i particolare il punto 7) impossibilità di adeguare l’edificio alle norme antisismiche, va a colmare una lacuna di descrizione di un elemento di incongruità dell’edificio la cui presenza possa comportare rischi per la pubblica o privata incolumità, elemento che ritroviamo però all’art. 6, quando nella demolizione e ricostruzione di un edificio ritenuto incongruo si cita la necessità di realizzare edifici…omissis…conformi alle norme antisismiche in vigore dal 30 giugno 2009…

Anche l’articolo che prevede la possibilità di ampliamento, per i comuni non costieri, per gli immobili a destinazione produttiva potrebbe di fatto dare risposta a molte “grida di dolore” che si sono levate dall’entroterra per immobili connessi alle attività produttive della filiera agricola , andando a incentivare il recupero del patrimonio edilizio nell’immediato entroterra, favorendo il presidio del nostro territorio.

La estensione alla possibilità di demolizione e ricostruzione agli immobili alberghieri e extra alberghieri, in una regione a forte e preminente vocazione turistica, case collettive e commerciali, fatiscenti o incongrui o solamente a rischio sismico o idrogeologico potrebbe poi rappresentare una opportunità di liberare i centri cittadini e alcuni centri storici da manufatti costruiti durante il boom economico nei primi anni ‘60 e che rovinano il paesaggio e il tessuto urbano che in oggi li accoglie; senza contare i vantaggi in termini di sicurezza e l’utilizzi pubblico degli spazi che questi spostamenti lascerebbero per una migliore utilizzazione, magari a verde pubblico o a parcheggio, con l’importante e vincolante aggiunta finale: dovendosi mantenere la categoria di destinazione d’uso in atto (ai sensi dell’art.13 della L.R. 16/2008.

La modifica della possibilità di ampliamento fino a 2000 metri cubi, stante anche la definizione di volume data all’art. 2 lettera f) della legge 49/09 (ingombro geometrico in soprassuolo, ((vuoto per pieno)), deriva poi dall’osservazione e dalla pratica di questi mesi di applicazione della legge; il dare una quota di ampliamento minima sopra i 1000 mc. fino a 2000 mc. consente poi di governare i fenomeni di costruzioni al limite o eccedenti il limite precedente, senza forzare ulteriormente la norma in termini quantitativi.

La precisazione di cui al comma 2 della Legge 49/09, laddove il testo licenziato recita: la ricostruzione deve avvenire in sito, anche su diverso sedime, che ha creato numerosi problemi di interpretazione che nemmeno la circolare ha totalmente fugato, non essendo “sito” un termine tecnico ma geografico, con l’aggiunta proposta: ovvero all’interno dei mappali di terreno di proprietà contigui, senza soluzione di continuità, serve sicuramente a fare chiarezza ed a evitare conferenze di servizi difficilmente istruibili con un solo attore o ente interessato, il “comune”.