di Alessandro Sbarile – Si è tenuto mercoledì sera a Finale Ligure presso i Bagni Boncardo l’incontro dal titolo “Parliamo di mafia al Nord”, organizzato dalle associazioni “Libera” e “Altromercato”; ospite della serata Nando dalla Chiesa, Presidente onorario di Libera, scrittore, figlio del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa (ucciso dalla mafia nel settembre del 1982), già candidato sindaco di Milano, parlamentare.

La serata ha affrontato il tema l’impatto della criminalità organizzata sul settentrione del nostro paese: “sono stati contati oltre quindici clan nella nostra Regione- ha spiegato Tiziana Bonora introducendo la serata- e vi sono ventinove strutture confiscate in Liguria che, con Lombardia, Piemonte ed Emilia, è la regione del nord col maggiore tasso di infiltrazione in settori che vanno dalle case da gioco all’edilizia, dai porti alla droga alla prostituzione, non si può dire che la mafia al Nord non esiste, esiste e ci sono numeri, dati, nomi e clan”.

“La Liguria-spiega dalla Chiesa- subisce l’aggressione sopratutto dai clan della ndrangheta, occorre riflettere su questo rischio e richiamare ad una maggiore consapevolezza. Occorre cominciare a sapere che l’avversario c’è, non è un soggetto fantomatico o dai contorni poco definiti, è importante prenderne consapevolezza. Ritengo che il Nord sia abbandonato, non lo difende nessuno perché si parte dall’idea che sia vergine rispetto alle presenze mafiose, si alimenta la favola per cui parlare di mafia al Nord significa rovinarne l’immagine che si può fregiare di onestà e laboriosità, parlano come vecchi amministratori siciliani. Credo che qualcuno debba prendersi la responsabilità di allestire delle linee di contatto che non siano solo quelle della magistratura e delle forze dell’ordine”.

“È ipocrita dare la colpa al confino per questa situazione- prosegue l’ex parlamentare- la mafia sin dagli anni ’70 ha iniziato a portare i propri soldi al Nord perché sapeva che c’era qualcuno disposto ad aprirgli le porte, che ci sono ambienti non mafiosi disposti a entrare in contatto con loro quando hanno valigie piene di soldi. I numeri degli arresti o dei processi in Lombardia vogliono dire dire che c’è un’organizzazione potente, forte e organizzata, che ha deciso che lì a fa quello che vuole e chi sa fa finta che non ci sia, considerato che per esempio la ndrangheta a Milano ha il monopolio del ciclo del cemento”.

“I magistrati usano la metafora del limone: la ndrangheta prima spremeva le imprese (con il pizzo, la richiesta di assunzioni) li metteva in difficoltà; ora pensa che vadano coltivate come il limone perché ora sono loro, anche se formalmente sono del vecchio titolar ci portano soldi, specie in periodi di crisi, comandando dall’interno”.

“Ciò accade in Lombardia perché è ricca, in Liguria perché strategica, perché è una regione di confine, con il porto di Genova, perché è una regione del divertimento, che ospita un turismo che cerca di ricrearsi rispetto ai problemi della città: il settore del divertimento è stato tradizionalmente un mondo in cui la mafia ha cercato di mettere radici perché è più facile, c’è meno controllo più promiscuità sociale, si stabiliscono rapporti con ceti normalmente non alla portata; non si prendono le contromisure necessarie per arginare questa forza d’urto”.

Sul rapporto fra crimine organizzato e politica, il Presidente onorario di Libera è categorico, affermando: “Per quanto tempo in politica ci divideremo per etichetta e non fra onesti e disonesti: serve acquisire autonomia, non si può lasciare che chi è eletto, a maggior ragione se li ho eletti io, abbiano rapporti con la ndrangheta, ma, come diceva mio padre, ‘Finché conta di più la tessera di partito che lo Stato, la mafia non la batteremo mai’, dunque occhio a chi candidiamo”.

“Serve lavorare sul senso comune, informare e andare allo scontro diretto, non vuol dire esporsi a rischi inutili, ma bisogna far comprendere ostilità sociale, non è gratis, ci tengono a non farsi notare, è facile se nessuno li vuole notare, serve una svolta radicale; voglio battermi con la mafia – ha sottolineato dalla Chiesa – non tollero un Paese che la fa cavalcare nei territori”.