di Ambra Parodi – (Finale Ligure, 26 /27 Agosto) L’uomo, per quanto dotato di raziocino e giudizio, spesso assume atteggiamenti aggressivi, è incapace di sopprimere quell’istinto brutale che le norme della società tentano di limitare. Ricorre a un contatto brusco, prepotente, violento per imporsi sul prossimo.

La serata di ieri dell’Overlook Film Festival è stata infatti dedicata alla sezione Histories of violence, prendendo ispirazione dal celebre film di David Cronemberg del 2005. Diverse opere, appartenenti a tutte le categorie in concorso- cortometraggi di finzione, di animazione e documentari – hanno raccontato a loro modo e gusto tutte le possibili sfaccettature della violenza, alternando visioni ironiche e grottesche ad approcci più diretti e brutali.

Si è parlato della violenza fisica e corporea in Ice Cream di Palumbo e De Feo, cortometraggio che enfatizza le scene cruente che indispongono lo spettatore, ammiccando allo stile tarantiniano e trasformando la violenza in un concetto estetico senza privare però la storia di un messaggio: l’uomo non è mai quello che sembra. Diversamente, invece, l’aggressione fisica è stata trattata dal breve documentario Una su Tre (C. Bozzatello), in cui le percosse di un marito alla moglie non vengono messe in scena, bensì lette dall’ispettore capo della polizia come a testimoniare che le parole spesso, soprattutto quando ciò che è narrato è realmente accaduto, sono più espressive di un’immagine e conservano il rispetto per la persona di cui si parla.

Non meno dolorosa è la violenza psicologica che può distruggere l’equilibrio mentale e affettivo di un individuo come di un intero nucleo familiare, come in Jesusito de mi vita (J. Prez Miranda), film spagnolo che racconta il piccolo dramma di un bambino terrorizzato dal buio, la cui madre, donna devota, non è stata in grado di insegnargli a credere in sé stesso ma solo in Gesù Cristo; o come in Le autoridad (X. Sala), altra opera spagnola in concorso, in cui l’atmosfera allegra di una famiglia in viaggio viene rovinata da un immotivato controllo da parte di una pattuglia stradale.

Differenti di Renato Chiocca, invece, offre un’altra interessante lettura dell’argomento: aggressione come prevaricazione in termini economici, ambientali e sociali, parlando di speculazione edilizia e smaltimento di rifiuti.

E poi c’è la violenza che si ammanta di un significato rituale e sacro: la macellazione di un maiale, sacrificio dell’animale per il nutrimento dell’uomo (La sagra della primavera di Giovanni Prisco); il ricorso ad un terribile gesto, il sacrificio di innocenti, per la sopravvivenza di un villaggio in tempo di crisi (Intercambio di Novellino e Quintanilla, facente parte della selezione Interazionale); la presa di coscienza che il male, in questo caso l’abuso di minori, viene perpetrato anche dove si professa un culto, come nel collegio maschile ebreo (interessante la scelta della fotografia, tutta giocata sull’accostamento dei colori bianco, nero e blu) del film israeliano Sinner (M. Philip). Spetta all’animazione smorzare i toni, proponendo un’ugualmente valida morale: La reliquia rivoltosa (Tabellini, Lopalco), narra in rima la favola di una reliquia che non riconosce la morte e di un prete che non perde occasione per trovare nelle spoglie della santa una fonte di arricchimento; con Tora Chan, invece, si vola in estremo oriente, in un tempio dove un simpatico gatto interrompe l’atto meditativo di un monaco, rivelando come un guaio può risolversi in un miracolo.

Da non dimenticare ancora il corto d’animazione che ha aperto la serata, Il pianeta perfetto (A. Smeriglia), che racconta la vita in un mondo popolato da scarafaggi in cui non esiste violenza ma, ironia della sorte, se ne deve ammettere l’esigenza per poter apprezzare ciò che si ha: la pace.