di Alfredo Sgarlato – Il 18 settembre di 40 anni fa moriva Jimi Hendrix. Generalmente considerato il più grande chitarrista rock, sicuramente è stato l’inventore della chitarra elettrica così come la amano i rockettari doc. La storia del rock è la storia della chitarra elettrica. Quando i musicisti di blues e boogie cominciarono a suonare chitarre amplificate adattarono il loro stile musicale alle possibilità del nuovo strumento, creando il rock’n’roll. Ma è solo con Hendrix che tutte le possibilità di uno strumento il cui suono è distorto e alterato da effetti diventano qualcosa di totalmente nuovo. Con Hendrix il “feedback” ossia il rumore prodotto dall’eccessiva distorsione diventa parte integrante della musica, compiendo quella fusione di musica e rumore che i compositore accademici inseguivano da due secoli. Hendrix inoltre aveva capacità di improvvisare enormi, portando i brani alla lunghezza anche di una decina di minuti contro i tre obbligatori dal 45 giri. James Marshall Hendrix nacque a Seattle il 27/11/1942.

La sua storia è quella di mille artisti: infanzia infelice, povertà, orfano di madre, padre violento, rischio galera, finchè una chitarra (che lui, mancino, suona capovolta) gli salva la vita. A vent’anni si trasferisce nel Tennessee, dove inizia a suonare nei locali e a fare il turnista per artisti anche molto importanti, come Little Richard, Sam Cooke, Ike and Tina Turner, che lo licenziano sempre per colpa dei suoi assoli troppo avveniristici, come capitava trent’anni prima a Charlie Parker, il rivoluzionario del jazz. Il sud degli States è troppo razzista per lui, afroamericano con antenati Cheyenne, di cui è orgoglioso, perciò nel 1966 si trasferisce a New York, dove lo nota un manager, l’ex Animals Chas Chandler, che gli propone di formare un trio con gli inglesi Noel Redding e Mitch Mitchell, convincendolo anche a cantare (in effetti Hendrix ha una gran bella voce baritonale). Con questo gruppo, The Jimi Hendrix Experience, inciderà solo tre albem: Are you experienced, Axis bold as love e Electric Ladyland : Jimi è un perfezionista incredibile e costringe i musicisti ad interminabili sessioni di registrazione, da cui sarà poi tratto una montagna di materiale inedito, e litigate tremende.

È dal vivo che Hendrix dà il meglio di sé: oltre agli assoli interminabili fa una gran scena suonando la chitarra dietro la schiena, coi denti, finge di fare sesso e le dà fuoco. In realtà Jimi odiava queste sceneggiate, ma il pubblico le invocava e lui non poteva deluderli. Tutta la storia del rock è piena di queste performance al confine tra leggenda e baracconata: è la storia di un suono che nasce “musica del diavolo” per diventare poi la colonna sonora della rivoluzione e infine un prodotto come gli altri. Culmine della storia hendrixiana è l’esibizione di chiusura a Woodstock, con la versione ultradistorta dell’inno americano: dissacrazione o omaggio futurista? Hendrix non ama più la sua immagine, vorrebbe cambiare stile, soffre di depressione, accentuata da alcool e droghe.

Come tutte le leggende del rock muore giovane: il referto ufficiale parla di soffocamento per aver vomitato nel sonno. Ovviamente fioriscono le leggende, è di pochi mesi fa la “rivelazione” di un discografico secondo il quale Jimi fu assassinato dal manager convinto di poter fare più soldi con lui morto che vivo. Poiché è morto anche il manager non sapremo mai se mente. Sentiremo molte altre leggende, compresa quella che Hendrix ha interpretato un film porno (non è vero). Sentiremo per sempre la sue musica, senza la quale non sarebbero nati tutti quei filoni (metal, punk, dark) che senza un distorsore a manetta non avrebbero senso, come al contrario tutto il rock più sperimentale, che si giovò delle sue innovazioni e grazie a lui e ad altri sperimentatori (Beatles, Zappa, Velvet Underground, Pink Floyd) il rock in un paio di anni diventò da musica per feste di adolescenti allupati quale era musica di serie A.

* il trend dei desideri: la rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato