di Maurizio Natoli – Crediamo sia d’obbligo, o anche soltanto di cortesia, spiegare il perché di alcune scelte, che qualcuno potrebbe giudicare atipiche; perché ove altri corrono verso le nanotecnologie, le forzature genetiche o le indagini sulle collisioni di particelle ad alta energia Albenga, coinvolta ancora una volta in un progetto europeo (come d’altronde era successo per la Nuit Européenne des Musées) faccia appello a discipline misconosciute, dimenticate o semplicemente mistificate da pessima letteratura o strali integralisti religiosi o pseudo tali; perché nell’ambito della “Notte della Ricerca” abbiamo preferito parlare allo Spirito (nonostante durante una riunione a Genova a proposito di ciò, un eminente chiarissimo professore ci rispose – alla nostra proposta di indirizzare l’iniziativa locale in tal senso – che l’unico spirito del quale riconosceva l’esistenza fosse quello contenuto nelle bevande alcooliche) piuttosto che alla Ragione – semplificando, s’intende – perché abbiamo insistito su una vocazione “Letterario – Umanistica” di Albenga piuttosto che una vocazione tecnologica, e da queste considerazioni la decisione di proporre una conferenza sull’Alchimia, la scienza delle trasmutazioni e dei mutamenti.

L’ Alchimia ha radici lontane, si è nutrita ed ha nutrito la techne (in senso Platonico) sin dall’origine dell’Umanità, ci arriva dalle scienze sacre dall’Egitto e della Cina, lungo un percorso che in circa 4 millenni ha toccato 3 continenti e tutte le aree culturali ad essi legate; è un metodo che coniuga sapientemente speculazione filosofica ed operatività, e che mira alla trasformazione ed alla comprensione, al ritrovamento del disegno divino di cui è permeata la Creazione ed al suo sapiente e pietoso utilizzo.

Parte dalle qualità e dalle specialità, riconoscendo nell’Uomo – in quanto in medias res nel progetto della creazione, la responsabilità (tra l’ altro sancita nella Genesi, quando il Creatore dice ad Adamo di riconoscere l’essenza nelle creature e nominarle) del dominio sulla Natura, esercitato attraverso la pietas (in senso teologico) e la pietà, attraverso la consapevolezza di essere tutti parte di uno schema che, attraverso legami invisibili, rende fratelli e sorelle tutte le Creature, che dunque condividono lo stesso destino, in un processo di ritorno ad uno stato “aureo” di completezza e perfezione.

Conoscere (e tanto più attribuire) un nome significa conoscere la species o il lignaggio, e dunque padroneggiare l’essenza; a questo si aggiunga la conoscenza delle qualità, che viene dall’osservazione delle attitudini, dalle predilezioni e dalla morfologia, e che consente di individuare e predire l’effetto che un elemento produrrà se impiegato o manipolato.

Questa accresciuta consapevolezza attribuisce al filosofo (così amano farsi chiamare gli Alchimisti) un grado di perfettibilità conquistata attraverso anni di meditazione e lavoro, che letteralmente trasforma la mente ed il corpo dell’operatore in alchemici, acquisendo un grado di finezza spirituale che li pone su un piano superumano, una sorta di conquista di una dimensione ulteriore dalla quale poter agire sulla materia, trasformandola dall’interno.

Proprio di questo percorso di affinazione parla C.G. Jung, attingendo al simbolismo alchemico, e facendone metafora del cammino psicologico di liberazione dai condizionamenti e dagli schemi che limitano l’evoluzione della psiche, ed indicando nel percorso dell’alchimia una sorta di metafora onirica (difatti si spinge ad analizzare il simbolismo dei sogni e ad interpretarlo in chiave simbolico-alchemica) del processo di catarsi.

Gli Alchimisti si dice fossero in possesso dei segreti dell’atomo ben prima degli esperimenti di Los Alamos, tanto che anche W. Pauli dice di essere stato visitato da un personaggio misterioso, a posteriori riconosciuto come Fulcanelli, che lo avrebbe avvertito che una “combinazione geometrica di elementi estremamente puri” sui quali stava lavorando durante gli anni di sviluppo della bomba atomica, avrebbe potuto avere conseguenze disastrose, (scienza senza coscienza!) come poi verificato con la blasfemia del 6 Agosto 1945.

Non c’è da preoccuparsi, il prof. Marra non insegnerà a produrre bombe atomiche né a produrre oro; ci farà notare – questo sì – le diverse qualità delle meraviglie intorno a noi, ci potrà indicare ed insegnare un modo un po’ più consapevole di guardare il mondo, attraverso le varie gradazioni della Luce che accresce e pervade il Creato.

* Maurizio Natoli – Collaboratore Palazzo Oddo S.r.l.