Flaiano, storia di un italiano

di Alfredo Sgarlato – Tempo fa, quando il cinema inglese era al suo meglio, ogni volta che vedevo una scoppiettante commedia alla fine pensavo: bello, ma vent’anni fa questo film lo avrebbe fatto Monicelli. Quando poi ho visto Wilde ho pensato: ma perchè gli inglesi fanno Wilde e noi non facciamo Flaiano? Forse perchè non c’è più un Flaiano a scriverlo un film così. Eppure avrebbe successo. Come tutti avremo mille volte citato una battuta di Oscar Wilde, chissà quante volte abbiamo commentato «la situazione è disperata ma non seria» o «in Italia sono tutti pronti a correre in soccorso dei vincitori» magari senza sapere chi è l’autore (io adoro questa: non sono potuto venire per impegni successivamente presi. Ma è di Flaiano o di Manganelli?).

Ma Flaiano non era solo un battutaro. Nato in Abruzzo il 5 Marzo 1910, dopo un’adolescenza in provincia si trasferì a Roma dove non terminò gli studi di architettura e si diede al giornalismo (ebbene sì, è Flaiano e non Fellini il giovanotto timido che abbandona gli amici per la città nei Vitelloni e ritroviamo giornalista famoso e cinico ne La dolce vita. Come è un ricordo di Flaiano lo sgangherato circo di provincia dove si esibivano un forzuto e una ragazza clown, vi ricorda qualcosa?). Fondamentale fu la collaborazione col Mondo di Mario Pannunzio, abruzzese come lui, vessillo di quei pochi pensatori che non appartenevano a nessuna chiesa politica. Longanesi lo convinse a scrivere un romanzo, e con Tempo di Uccidere, le cui inquietudini anticipavano Camus, vinse lo Strega quando vinceva il migliore e non il più forte.

Flaiano passa alla storia però col lavoro con cui ebbe sempre un rapporto di amore e odio, cioè quello di sceneggiatore. Almeno 67 film portano la sua firma (non sempre è accreditato, per esempio non lo è per uno dei più indimenticabili, Vacanze Romane). Ma quando andò con Fellini a prendere l’Oscar lo fecero viaggiare in classe turistica. Morì relativamente giovane, nel 1972, dopo due infarti. Quanto ci manca Flaiano, chissà cosa penserebbe del mondo di oggi, anche se un po’ già lo sappiamo, fu lui a dire «fra trent’anni l’Italia sarà come l’avrà formata non la politica ma la televisione», chissà come risponderebbe agli snob del Foglio quando ne fanno un loro idolo. Quanto ci manca oggi che la situazione è sempre più disperata e sempre meno seria.

* il trend dei desideri: la rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato