Legambiente: disastro idrogeologico Ligure

di Stefano Sarti e Alessandro Poletti – Per decenni in Liguria si è edificato allegramente, con nessun freno, realizzando, lungo la costa, costruzioni ovunque, anche sugli alvei dei torrenti, mentre nell’entroterra l’abbandono delle attività tradizionali faceva venire meno una manutenzione secolare. In questa Regione tali attività edificatorie non si sono ancora fermate, anzi si è provveduto a varare un Piano casa che non avrebbe nemmeno dovuto vedere la luce in una Regione come la nostra, e che anzi qualcuno vorrebbe ancore modificare in senso permissivo.

Ora tali magagne sono state coperte da un periodo climaticamente favorevole fino a qualche anno fa, ma oggi, che oltretutto si è superato ogni limite, la tropicalizzazione del clima con le piogge torrenziali conseguenti fa emergere il disastro idrogeologico Ligure in tutta la sua gravità.

Innanzitutto bisogna ridare spazi esondabili ai fiumi e torrenti della Liguria: Non è con interventi ulteriormente squilibranti e distruttivi come i dragaggi, chiesti a gran voce su Magra, Entella e altri corsi d’acqua minori della Liguria, o con il taglio a raso della vegetazione golenale che si risolvono i problemi, ma è con il recupero di spazi alluvionali che invece si vorrebbero ulteriormente ridurre per acquisire nuovi spazi edificabili, e con la rinaturalizzazione e il recupero degli equilibri eco-idro-geologici.

I disastri che hanno colpito indifferentemente sia la costa cementificata che l’entroterra abbandonato invece ci fanno capire che è giunta l’ora di cambiare registro. In primo luogo bisogna fare una moratoria dell’edificazione varando Piani Urbanistici Comunali a impatto zero sull’esempio di Cassinetta di Lugagnano: in tal senso bisogna rinnovare il Piano Paesistico in senso restrittivo, e varare, finalmente, una Legge sulla Valutazione Ambientale Strategica, rigorosa, mentre invece si tiene la stessa nel cassetto in attesa di trovare il modo di addolcirla per non rendere la vita troppo difficile alle Amministrazioni Comunali desiderose di incamerare Oneri di Urbanizzazione; inoltre si devono modificare modelli e abitudini di mobilità, visto che la costruzione di nuove strade diminuisce anch’essa la capacità di assorbimento idrico del suolo.

In secondo Luogo è giunto il momento di varare un Piano di manutenzione dell’entroterra, che sia rispettoso degli ecosistemi, e soprattutto che non sia tarato sulle emergenze con opere di grande portata e grande impatto ambientale, bensì sia impostato su interventi selettivi i quali non individuino nella vegetazione spontanea il nemico: ad esempio il sottobosco non è “sporcizia” da sradicare, come sostiene certa ignoranza popolare, per rendere il bosco pulito come erano gli antichi coltivi di Castagno, ma è un elemento fondamentale per attenuare la caduta delle piogge e per trattenere la discesa delle acque a valle.

È chiaro che quando si parla di manutenzione, essa deve superare i lacci e laccioli dovuti alla proprietà privata, spesso appannaggio di persone che, dopo due o tre generazioni di abbandono, nemmeno sanno di essere proprietarie: necessita perciò che la Regione adoperi i poteri sostitutivi delle Pubbliche Amministrazioni per intervenire anche su tali terreni addebitandone poi il costo ai proprietari, ovviamente.

* Stefano Sarti – Presidente di Legambiente Liguria; Alessandro Poletti – Responsabile Assetto Idrogeologico di Legambiente Liguria