di Silvia Pattaro – Si è tenuta recentemente a Loano una grande manifestazione pubblica per la difesa dell’affermazione della Costituzione alla quale hanno preso parte Don Gallo e Gian Carlo Caselli. Il Procuratore torinese ha esordito citando il più bello e toccante ringraziamento alla Resistenza, quello di Piero Calamandrei nel suo “Discorso sulla costituzione” (26 gennaio 1955): “Dietro ogni articolo di questa Costituzione o giovani, voi dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta. Quindi quando vi ho detto che questa è una Carta morta: no, non è una Carta morta. Questo è un testamento, un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio, nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano, per riscattare la libertà e la dignità: andate lì, o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione”.

Prosegue Caselli ricordando che, per difendere adeguatamente la Costituzione è necessario prima di tutto conoscerla a fondo e stabilire quanto è stata utile alla democrazia in passato, quanto la sarà in futuro e quanto la può ancora essere nella nostra realtà odierna, ed ha fatto emergere in un’attenta analisi come la Carta sia innanzitutto un libro di storia : rievoca cioè quello che è accaduto durante la dittatura fascista e fissa una serie di “antidoti” affinché la tragica esperienza non abbia mai più a ripetersi. Gli articoli evocano infatti concetti che costituiscono l’essenza della dittatura, e per meglio chiarire questa affermazione sono stati portati alcuni esempi: la costituzione sancisce nell’articolo 11 il ripudio della guerra come strumento di offesa, ma l’enunciato è un’evidente reazione alle guerre coloniali e alla tragedia della seconda guerra mondiale, gli articoli dal 18 al 21, relativi ai diritti civili, evocano chiaramente lo scempio che di ciascuna di queste libertà del cittadino fece la dittatura fascista ma, ancor più significativo, l’art. 3, il famosissimo articolo relativo alle libertà umane, rappresenta un argine contro le discriminazioni tipiche del regime fascista, contro le persecuzioni della dittatura nei confronti di ogni forma di opposizione, contro le vessazioni nei confronti delle minoranze.

La Costituzione, prosegue il magistrato, rappresenta la scommessa/promessa di tenere unite la libertà e l’uguaglianza mediante una società giusta, mediante un sistema di regole fondamentali condivise da tutti, mediante un progetto di Stato vissuto non come espressione di rapporti di forza o degli interessi di qualcuno, ma come garante dei diritti di tutti. Questo è il patrimonio che ci ha regalato la Resistenza. La libertà, sia di matrice classica e liberale, sia intesa in senso cattolico e socialista, intrecciate insieme formano la libertà dei moderni, grande dono dei nostri partigiani, e unitamente al concetto di uguaglianza dell’art. 3 costituisce la portata rivoluzionaria della Costituzione in quanto il diritto, che usualmente fotografa il presente e i rapporti di forza del momento, in questo caso è una proiezione verso il futuro, il sogno di creare un mondo nuovo e diverso, di una democrazia emancipante che consenta non semplicemente il diritto al voto, ma anche la possibilità per tutti di una vita degna di essere vissuta. E proprio l’articolo 3 trova corrispondenza nel Vangelo, nella famosa frase “fame e sete di giustizia” (Mt 5, 6), che vuole esprimere attraverso un’immagine forte come la legalità e il rispetto delle regole non siano sufficienti senza l’impegno e la responsabilità.

Caselli ha dato ampio spazio a come la Costituzione assegni un compito preciso , un dovere alla repubblica, quello di salvaguardare l’uguaglianza, quello di muoversi sempre e in ogni situazione nella direzione dell’interesse di tutti: un traguardo evidentemente ancora lontano, faticoso, ma non un’utopia. È un sogno ancora realizzabile: la Costituzione infatti (nonostante attacchi da tutti i fronti) in questo senso ha sempre funzionato e quanti dichiarano che è solo un pezzo di carta colmo di belle parole, ma morte, non risponde alla realtà dei fatti. Uno dei più evidenti strumenti di tutela dei diritti è sotto gli occhi di tutti : l’indipendenza della magistratura. La magistratura traduce infatti in opere, trasforma in reati punibili tutto ciò che viola i diritti sanciti dalla Carta, diventando quindi strumento e presidio del diritto. Anche in questo caso, Caselli chiarisce con un esempio: la legge moderna vieta di scaricare rifiuti tossici, e lo vieta in difesa della salute del cittadino, traducendo quindi in norme effettive ciò che era già presente nella Costituzione, il diritto alla salute. È nostro dovere, nonché interesse, continuare a difenderla, e con ancor più determinazione in un periodo come il nostro in cui tenta di affermarsi il progetto di chiudere la stagione costituzionale, permettendo il nascere dell’imporsi dei rapporti di forza : gli esempi possibili relativi al riaffiorare dei rapporti di forza sono moltissimi: la scuola; la sanità; l’allentamento delle regole per l’impresa, la riforma del diritto del lavoro, che non sempre muove nel senso della tutela della parte più debole, cioè del lavoratore, l’indebolimento della magistratura: sia in punto di fatto, con un’opera sistematica di aggressione e delegittimazione, sia in punto di diritto, con progetti di riforma che sono in rotta di collisione col principio della separazione dei poteri e dell’indipendenza della magistratura, con inesorabile riduzione delle possibilità che la legge riesca ad essere almeno un po’ più uguale per tutti. Infine proprio l’informazione, settore in cui, più che in ogni altro, è evidente che senza autentico pluralismo, a prevalere sono i rapporti di forza, il monopolio.

Oggi la posta in gioco decisiva è rappresentata da una democrazia pluralista fondata sul primato dei diritti umani uguali per tutti e sulla separazione dei poteri, come sancisce la Costituzione. A questa concezione di democrazia se ne vorrebbe sostituire un’altra: basata sul primato della maggioranza politica del momento e non più sul primato dei diritti. Dimenticando che se è vero che in democrazia la sovranità appartiene al popolo è altrettanto vero che ogni potere democratico incontra dei limiti prestabiliti. Tali limiti presidiano la sfera della dignità e dei diritti di tutti: sottratta al potere della maggioranza e tutelata da custodi (l’informazione libera e una magistratura indipendente) estranei al processo elettorale ma non alla democrazia. Se invece la maggioranza, forte del fatto di aver avuto più consensi, non lascia spazi effettivi alle minoranze, allora l’alternanza viene ridotta a simulacro e la democrazia cambia qualità, trasformandosi inevitabilmente in tirannide della maggioranza.

Il magistrato conclude l’intervento con un altra citazione di Calamandrei, questa volta tratta dal discorso agli studenti milanesi del 1955 : “La Costituzione non non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. È un po’ una malattia dei giovani l’indifferentismo. «La politica è una brutta cosa. Che me n’importa della politica?». Quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda ad un marinaio: «Ma siamo in pericolo?» E questo dice: «Se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda». Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno. Dice: «Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare il bastimento affonda». Quello dice: «Che me ne importa? Unn’è mica mio!». Questo è l’indifferentismo alla politica. È così bello, è così comodo! è vero? è così comodo! La libertà c’è, si vive in regime di libertà. C’è altre cose da fare che interessarsi alla politica! Eh, lo so anche io, ci sono… Il mondo è così bello vero? Ci sono tante belle cose da vedere, da godere, oltre che occuparsi della politica! E la politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai.” Caselli ha voluto cosi’ sottolineare la condizione di inerzia colpevole di tanti cittadini, i quali di fronte al crescente pericolo di deriva sociale, rappresentato in primo luogo dai continui attacchi alla nostra Costituzione, si volta dall’altra parte, fingendo di non vedere, scegliendo il disimpegno.

Il nome di Gian Carlo Caselli, nonostante egli sia l’esempio vivente del buon funzionamento della magistratura e da più di tren’tanni viva sotto scorta a causa delle sue inchieste, ricorre più volte all’interno dei dossier del Sismi: acquisizione di dati in modo capillare e continuativo, monitoraggio di attività, movimenti e corrispondenza informatica. Oggetto dei dossier sono giudici e Pm, uffici giudiziari, libere associazioni (italiane ed europee) di magistrati. Lo scopo, “disarticolare”, “neutralizzare”, “ridimensionare” e “dissuadere”, anche con “provvedimenti” e “misure traumatiche”, i presunti avversari del premier. Fatti specifici, nessuno. Nessuna ipotesi di un qualche illecito. Neppure l’ombra di pericoli per l’indipendenza e l’integrità dello Stato, ma una colpa gravissima di qualche magistrato c’è : molti sono inclini ad una giustizia uguale per tutti, e quindi sono scomodi, pericolosi. Il Csm (organo che la Costituzione pone a presidio dell’indipendenza della magistratura) riceve questi dossier, li esamina e rileva che l’acquisizione della documentazione ebbe inizio subito dopo le elezioni politiche del 2001, fu disposta perché i magistrati oggetto di attenzione venivano considerati, in ragione dell’attività giudiziaria svolta o delle posizioni assunte nel dibattito politico-culturale, non in sintonia con la nuova maggioranza di centro-destra, e si proponeva di intimidire i magistrati impegnati in delicati processi, con perdita di credibilità e significativi ostacoli all’indipendente ed efficace esercizio della giurisdizione. Inquietante e stupefacente che tutto ciò sia potuto avvenire nell’Italia del terzo millennio.