Mario Monicelli, un gigante

di Alfredo Sgarlato – Diceva Monicelli, toscanaccio cattivo: non vedo l’ora che muoia Manuel de Oliveira, così sarò il regista più vecchio del mondo, ma non è andata così. Era nato a Viareggio il 15 maggio 1915. Ancora ragazzo aveva vinto un concorso e il premio consisteva nel passare una giornata sul set e così si innamorò del cinema (e su questo raccontava un aneddoto stupendo, peccato che sia troppo lungo…). Nel dopoguerra si mise al servizio di Totò e diresse parecchi film in coppia con Steno, tra cui Guardie e Ladri, la cui sequenza dell’inseguimento viene mostrata nelle scuole di cinema di tutto il mondo (Monicelli dava tutto il merito all’operatore Mario Bava) o Totò e Carolina, massacrato dalla censura.

Con gli anni ’60 ebbe l’idea geniale di prendere gli interpreti più belli e carismatici del cinema italiano, Gassman, Mastroianni, Sordi, Monica Vitti e trasformarli in comici. Nacquero così capolavori come La grande guerra, I soliti ignoti, I compagni, La ragazza con la pistola, fino al film che diventerà mitico già dal titolo e simbolo del Belpaese L’armata Brancaleone. È il periodo in cui il cinema italiano è il più bello del mondo e accanto ai registi filosofi, gli Autori con la maiuscola (Fellini, Antonioni, Visconti, Pasolini) c’erano Maestri assoluti del cinema popolare come, oltre a lui, Risi, Germi, Leone e molti altri. Negli anni ’70 il suo umorismo si fa ancora più raffinato, pensiamo al lavoro sulla lingua di Romanzo popolare, poi trova un successo ancora più grande con Amici miei e il plauso della critica, che lo consacra in ritardo, grazie a Un borghese piccolo piccolo, raro film drammatico.

Ha diretto 68 film, con le sceneggiature si arriva a 106, l’ultimo cortometraggio è di pochi mesi fa. Gravemente malato, il suo ultimo sberleffo è stato di decidere lui quando morire. Ero sicuro che sarebbe vissuto più di cent’anni, più di de Oliveira, Mario Monicelli, gigante nel paese dei nani.