“Nessuno discute l’importanza della conoscenza della lingua italiana per l’integrazione, il benessere e la stessa sicurezza dei cittadini migranti, basti pensare all’ambiente di lavoro. Sono gli stessi cittadini migranti ad esserne consapevoli. È però doveroso sottolineare che questo provvedimento avrà soprattutto l’effetto di aumentare l’arbitrarietà degli atti e di aggiungere nuove scartoffie ad intasare gli uffici anche perché è previsto che i test verranno definiti discrezionalmente dai Dirigenti scolastici sulla base delle linee guida del Viminale”. Lo ha dichiarato l’assessore regionale all’Immigrazione e al lavoro, Enrico Vesco a seguito dell’entrata in vigore del decreto firmato il 4 giugno 2010 dai Ministri dell’Interno e dell’Istruzione che subordina l’accesso degli stranieri che faranno domanda per il permesso di lunga durata, al superamento di un test di lingua italiana o al possesso di una attestazione della conoscenza della lingua non inferiore al livello A2.

“Come ha notato Fernanda Contri, presidente emerito della Corte Costituzionale – continua Vesco – l’assenza di un test identico in tutta Italia caricherà di ulteriore lavoro tutte quelle associazioni, patronati e sindacati che aiutano i migranti a orientarsi e ad affrontare il complesso mondo della burocrazia italiana. Basti pensare alla procedura informatica prevista, che non tutti i cittadini migranti sono nelle condizioni di utilizzare”.

“Ma al di là dei problemi tecnici la questione è ancora una volta politica e di visione strategica. Il bisogno di controllare ossessivamente i cittadini stranieri li ostacola sempre di più rendendo più difficile l’acquisizione di diritti. Servirebbero invece regole chiare e valide per tutti, insieme a politiche che favoriscano la comunicazione e l’integrazione e rendano più semplice la vita quotidiana di chi è venuto nel nostro Paese con le migliori intenzioni”.