Cinema italiano 2010: un’ottima annata

di Alfredo Sgarlato – Per quanto il cinema italiano il 2010 è andato molto bene. Per i gestori la buona notizia sono gli incassi, col successo imprevisto di Benvenuti al sud che si unisce ai buoni risultati di molti altri film. Certo, quando i campioni di incasso erano Per un pugno di dollari o Amici miei invece che commediole tirate via, era meglio, ma, si sa, i tempi cambiano. Piuttosto, questo è il dato di fatto su cui ragionare: il cinema italiano sembra esprimersi solo con la commedia, e nella maggioranza dei casi la famiglia è lo sfondo delle storie. Se è vero che “commedia all’italiana” è ormai un marchio inconfondibile, non dimentichiamo che in passato anche il western o l’horror all’italiana facevano scuola. Oggi il cinema di genere, commedia a parte, in Italia è dimenticato, salvo qualche caso sporadico. Quanto agli argomenti, potremmo chiederci se da noi la famiglia è l’unico argomento di cui valga la pena di parlare (non credo) o se è l’unico argomento su cui c’è il coraggio di parlare… L’anno prossimo si presenta come quello del ritorno degli autori: Moretti, Crialese, Sorrentino, Bellocchio, da cui mi aspetto molto. Di seguito approfondisco il giudizio su alcuni film italiani, quelli che ho potuto vedere in sala, perchè ovviamente non riesco a vedere la totalità dei film che sono prodotti in Italia, considerando che alcuni li vede solo chi ci ha lavorato, per esempio ho perso La bocca del lupo che mi dicono essere bellissimo

L’uomo che verrà. Il primo film dell’anno è il migliore. Epico ed etico, splendidamente interpretato sia da attori professionisti che non, in questo periodo di inutili revisionismi è veramente un’opera necessaria.

La prima cosa bella pensavo di vedere una commedia e mi ritrovo circondato da gente che piange come fontane. Il nuovo Virzì sa far ridere e commuovere, e il toscanaccio si conferma ottimo direttore di attori. Però la candidatura all’oscar è eccessiva.

Io sono l’amore Dopo alcune prove modeste il regista Guadagnino punta in alto, prendendo a modello Visconti e Greenaway. Dopo un inizio troppo estetizzante si riscatta con un gran finale. Sopravvalutato da gran parte della critica.

Mine vaganti ”siamo nel 2010 non nel 2000” è la battuta dell’anno. Divertente, ottimo cast, ma se per ridere ci vuole ancora il gay macchietta ti chiedi se siamo nel 2010 o nel 1972.

Happy family scrive Filippo Mazzarella: come sbaglia i film Salvatores non li sbaglia nessuno. Sarà, io Salvatores me lo tengo stretto. Ogni tanto il critico deve lasciare il passo allo spettatore e divertirsi un po’. Valeria Bilello è davvero bella.

Io loro e Lara la buona notizia è che Verdone torna a far ridere. Che non sia Bergman o almeno Nanni Moretti lo sapevamo già, però quelle figlie “emo” mi ricordano tanto le punk del Fellini vecchio…

Draquila Sabina Guzzanti gira un documentario alla Michael Moore sul dopo terremoto. Incalzante e inquietante, persino di più delle ultime prove del maestro.

Genitori e figli: agitare prima dell’uso un filmetto leggero, niente di più, però si ride.

Dieci inverni la rivelazione dell’anno. Come raccontare la più classica delle storie in maniera non banale. Perfetti i dialoghi che evitano sia il linguaggio aulico che quello sciatto della tv. E chi non si è innamorato di Isabella Ragonese è clinicamente morto

Good morning Aman un film sbagliato dall’inizio alla fine. Mi si dirà, è un’opera prima, tante ingenuità bisogna aspettarsele. Tante va bene, tutte no. E poi anche Dieci inverni è un opera prima… Valerio Mastrandrea per dieci anni ha interpretato il trentenne in crisi, da dieci anni interpreta il quarantenne depresso, vedremo a cinquant’anni che ruolo farà.

Il figlio più piccolo Avati fa un film bello e uno brutto, questo è quello bello, però la morale finale (nella vita o sei ladro o sei scemo, ma alla fine ci vogliamo tutti bene) è troppo inquietante. Finalmente De Sica recita.

La pivellina film a zero euro o quasi. Molto poetico, ma quando l’incanto dato dalla naturalezza della piccola protagonista sfuma diventa un po’ noioso.

La nostra vita urlato, scostante, un po’ inconcludente, non si capisce il successo di questo film. Elio Germano (premiato a Cannes) è molto più bravo in altre occasioni. Geniale solo l’intuizione di Raul Bova (bravo) come fratello sfigato.

Venti sigarette tecnicamente ben fatto, cerca di variare i toni, ma alla fine rimane troppo legato alle quotidianità locali. Compito a casa per i giovani registi italiani: rivedere 10 volte Ho affittato un killer di Kaurismaki (ma basta anche Up) per imparare come si può spiegare benissimo chi è un personaggio senza usare la voce fuori campo ma solo le immagini.

Le quattro volte il “caprolavoro”, come l’ha definito il regista Frammartino stesso, non è un documentario ma un vero e proprio poema visivo, solo immagini e rumori ambientali senza dialoghi e musica. Non per tutti, ma chi accetta la sfida si innamora sin dalle prime immagini

La solitudine dei numeri primi un regista sopravvalutatissimo alle prese con un best seller, roba da far tremare i polsi. Costanzo cerca di evitare i luoghi comuni, dopo un inizio folgorante si perde nelle troppe citazioni, ma almeno mostra coraggio (e non usa la voce fuori campo!). Ottimo l’uso della musica. Alba Rohrwacher se fosse americana vincerebbe il secondo Oscar.

La pecora nera Ascanio Celestini è un grandissimo attore teatrale e si vede anche nel suo film, nel bene e nel male. Ma quando si lascia andare alla pazzia del protagonista ha dei momenti grandiosi.

Gorbaciof un grande Toni Servillo (truccato un po’ troppo pesantemente) regge praticamente da solo un noir minimale e notturno molto stile Abel Ferrara. Non un capolavoro ma da vedere.

Passione l’italo americano John Turturro va alla riscoperta della musica napoletana come fece Wenders con quella cubana. Ne esce un ritratto irresistibile, più verace del vero, vajasso e camp che neanche Fassbinder…

Noi credevamo l’avrei visto volentieri ma in provincia (nella terra di Mazzini, Garibaldi e Mameli…) non l’hanno distribuito

Natale in Sudafrica ho visto solo il trailer e mi è bastato per capire che il film è poco più che un pretesto per far spogliare Belen Rodriguez (e neanche troppo)

A Natale mi sposo questo mi è bastato vedere il trailer perché mi tornasse in mente la frase che gridò un mio amico sull’ottovolante e non posso ripetere se no ci chiudono il sito.

* il trend dei desideri: la rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato