di Silvia Pattaro – Prosegue a Finalborgo la rassegna “Doc in Borgo. Fatti, Storie, Racconti nei documentari”, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Finale Ligure e curata dal regista Teo De Luigi, con la partecipazione della Biblioteca Mediateca Finalese. L’ingresso all’iniziativa è libero, e al termine della proiezione sarà offerto un aperitivo in collaborazione con la Bottega del Commercio Equo e Solidale di Finale Ligure. L’appuntamento si svolgerà domenica 9 alle 17 presso l’Auditorium di Santa Caterina, ed avrà come protagonista il film-documentario “Un’ora sola ti vorrei” (Italia, 2002, 55 min., una produzione Venerdì e Bartlebyfilm in coproduzione con RTSI Televisione Svizzera con la partecipazione di TELE+) di Alina Marazzi: regista di documentari televisivi a carattere sociale, lavora anche come aiuto regista per il cinema, principalmente con Giuseppe Piccioni, e come produttrice insieme a Gianfilppo Pedote e Francesco Virga.

“Un’ora sola ti vorrei”, che circola in Italia e all’estero attraverso un uso particolare dei media, passando dalle pellicole in 16 mm recuperate negli armadi, alle moderne tecniche di montaggio, a Internet, rappresenta l’esordio da regista di Alina Marazzi, e consiste nella ricostruzione del volto di una madre da parte della figlia attraverso il montaggio dei filmati di famiglia girati dal nonno, ma anche tramite le lettere e i diari scritti dalla donna durante il corso degli anni. Alina li ritrova, riporta tutto alla luce, li monta con abilità e con passione, presta alla madre la “sua” voce , la fa rivivere nel suo ricordo, e consegna con grande amore e audacia la sua vicenda umana agli spettatori. Il tentativo di Alina Marazzi è quello di ricostruire la storia di una persona che si era tolta la vita nel 1972, quando lei aveva soltanto sette anni, una persona mai veramente conosciuta e proprio per questo fortemente desiderata.

Un film in cui la nostalgia è il sentimento domainate, e proprio la nostalgia, insieme d’abbandono e di presenza ritrovata, che fa del suo film molto più che un’opera autobiografica, di recupero di una memoria personale.

Il nonno della regista, cineamatore entusiasta fin dagli anni 20, ha ripreso la loro vita familiare per decenni e in soffitta ci sono ancora, gelosamente ordinate e classificate, pile e pile di preziose bobine per lo più in 16 millimetri. Feste, matrimoni, nascite, viaggi: l’album di una famiglia dell’alta borghesia lombarda. Un nonno sicuramente non comune, che si chiama Ulrico Hoepli, come il suo antenato fondatore della celebre casa editrice; e con quei filmini perfettamente conservati, che dagli anni 40 sono addirittura a colori, si potrebbe scrivere un romanzo. Vecchie pellicole che rimandano volti e gesti di persone lontane. Una, fra tutte, ancora però molto vicina. È Luisella Liseli, la madre della regista, inseguita dai fotogrammi nel corso di tutta la sua breve esistenza. Nelle prime sequenze sentiamo la sua voce scherzosa che gioca con i figli, la vediamo il giorno delle nozze e quel suo sguardo lontano, che sembra presagire passato e futuro e che ci accompagnerà in tutto il film, ci fa fare un salto indietro nel tempo, alle immagini del corteggiamento dei suoi genitori, negli anni venti. La cornice dell’intera vicenda è la ricca famiglia borghese, un ambiente in cui la protagonista si sente schiacciata, come se si sentisse sempre inadeguata rispetto ai modelli con cui è cresciuta: la madre, una madre perfetta mentre lei si sente incapace nei confronti dei figli, un padre troppo autorevole ed esigente, e perfino l’amore fra i suoi genitori, nonostante lei stessa viva una vera storia d’amore che l’accompagnerà fino alla fine. E anche i soldi, che le verranno rinfacciati nel momento in cui serviranno a pagare le case di cura per una malattia, una logorante malattia esistenziale che la porterà al suicidio, che è difficile accettare come tale, soprattutto in quel periodo a cavallo fra gli anni sessanta e settanta.

È un tuffo nell’inquietudine, nell’amore che non riesce ad esprimersi, nella tristezza di ciò che è perso. È un viaggio carico di emozioni, che racconta una storia personale, ma racchiude emozioni e dilemmi universali, ed è forse per questo che “Un’ora sola ti vorrei” ha raccolto elogi dalla critica e commosse reazioni dal pubblico, fino al successo al Torino Film Festival, dove il suo lavoro è accolto con molto calore e ottiene il premio per il miglior documentario.