di Marco Melgrati – Ho partecipato al convegno organizzato a Genova sul Piano Casa giovedì 16.12 all’auditorium Eugenio Montale; tra i relatori l’ass.re Marylin Fusco, il presidente della IV commissione Massimo Donzella e la dirigente della Regione Dott.ssa Mussi. Questo è stato un primo momento di approfondimento pubblico di una proposta di revisione della legge regionale detta Piano Casa, che come è stata approvata non porta nessun giovamento alla “filiera” dell’edilizia.

In un momento difficile per l’economia in generale, e per l’edilizia in particolare, dove solo in Liguria negli ultimi due anni si sono persi 20.000 posti di lavoro nel comparto dell’edilizia, solo una legge più attenta ai bisogni della gente e più “snella” può garantire un vero salto di qualità e quantità, e quindi più lavoro, per un settore che oggi è asfittico.

I principali detrattori di questa revisione, chi ne osteggia comunque la modifica, per mantenere uno status quo che praticamente non ha avuto effetto sull’economia, cioè l’ultrasinistra radicale di Sinistra Ecologia e Libertà e Federazione della Sinistra, in accordo con Italia Nostra e con Lega Ambiente, continuano a sventolare l’immagine della cementificazione. Ma come si può parlare di cementificazione se questa è una legge che si rivolge a quello che è già costruito, nell’intento di migliorare, di rendere antisismici edifici a rischio, di al massimo leggermente ampliare case mono e bifamiliari fino a 1000 metri cubi?

Va dato atto all’assessore Fusco di un tentativo fatto per migliorare la legge; tentativo già “castrato” in partenza dalla necessità di mediare le proposte dell’Assessore con le anime più radicali e oscurantiste della maggioranza in Regione Liguria.

Se appunto un passo in avanti è stato fatto, con l’estensione ai condoni in tipologia 1 dei benefici della legge rispetto agli ampliamenti, tesi da noi del P.d.L. sostenuta con forza, peraltro esclusa non dalla legge ma da una interpretazione capziosa della legge data dalla Giunta Regionale contro il parere degli uffici con circolari emesse e poi fatte obtorto collo rimangiare, sono stati fatti anche numerosi passi indietro.

Infatti questa estensione penalizza chi ha denunciato condoni di medio-grandi entità, nonostante che la giurisprudenza consolidata abbia sancito la legittimità, di fronte alla legge, di una costruzione condonata, e la equiparazione a quelle derivate da permessi a costruire o similari. Inoltre, la sottrazione del volume condonato dal premio di ampliamento ne limita di molto il campo di applicabilità e soprattutto gli effetti; sarebbe stato più legittimo escludere le parti condonate dal computo della possibilità di ampliamento, come peraltro recitava la circolare “legittima” emessa dagli uffici regionali, frutto della lettura in italiano della legge, prima dell’intervento “politico” dovuto agli “strali” dell’ultrasinistra e dei verdi, che ha portato ad una nuova circolare frutto di una interpretazione “motu proprio” del Presidente del Consiglio Mino Ronzitti, che peraltro il nostro gruppo consiliare del P.d.L. ha denunciato più volte come illegittima.

Un altro passo indietro della legge è, nella bozza, la negazione della possibilità del cambio di destinazione d’uso per immobili che fanno demolizione e ricostruzione; è di fatto vanificare la possibilità di intervento: voi capite che se esiste un immobile, il fabbricato di un artigiano (un marmista, un fabbro, etc..) che deve delocalizzare, come fa? Nel periodo che deve demolire e ricostruire che cosa fa della sua attività? La chiude? Vive di assistenzialismo? L’unica cosa che può fare, se ha un capannone in un centro abitato, è cambiargli la destinazione d’uso, finanziarsi l’acquisto del nuovo capannone e de localizzarsi. Queste mi sembrano operazioni di buon senso che vengono negate per finalità politiche demagogiche incomprensibili.

E soprattutto si vanno a cambiare le norme in corsa… Che ne sarà di quanti hanno già presentato un progetto ai sensi dell’art. 7 della legge in vigore? Immaginatevi quanti contenziosi si potranno aprire, con costi legali che, purtroppo, non graveranno sulla Regione, ma sui Comuni dove questi progetti sono stati presentati!!!! E’ un film che abbiamo già visto e vissuto con la variante approvata dalla Giunta Regionale al P.t.c.p., senza consultare gli enti locali, Comuni e Provincie.

L’assessore e il dirigente, dott.ssa Mussi, al convegno di Genova, hanno dato ampia assicurazione che verrà fatta una norma di salvaguardia per i progetti già presentati. Dobbiamo fidarci?

E il nuovo vincolo di 10.000 mc.? Si dice che queste strutture potevano sfuggire ad una pianificazione concordata…ma se è prevista una procedura di conferenza dei servizi già oggi, allora gli enti possono già dire la loro…o si ha paura di convertire orribili capannoni che ormai fanno parte dell’archeologia industriale, in senso deleterio del termine, in case di civile abitazione? E se comunque la legge prevede già che le destinazioni d’uso devono essere compatibili con quelle di zona? Ma se i volumi esistono, e sono brutti, fatiscenti, incongrui, avulsi dal contesto; se le fabbriche sono chiuse perché quella tipologia industriale non è più appetibile sul mercato, se un capannone è circondato dalle case di civile abitazione, come si può mantenere la destinazione d’uso industriale (per esempio)? Allora il risultato è che si mantengono gli “scandali” edilizi al centro delle nostre città, in nome di un rigore di retroguardia che inneggia al mantenimento di una vocazione industriale che di fatto non esiste più.

E ancora, il nuovo vincolo di 2.000 mc. sugli edifici residenziali per la demolizione e ricostruzione, introdotto in variante all’art. 6, ne limita fortemente l’applicabilità. Qualunque palazzo di cinque piani nelle nostre città supera i 3.000 metri cubi, e allora? Si vuol far finta di concedere, impedendo di fatto di migliorare, di riqualificare, di rendere antisismico e più economico sotto il profilo del recupero energetico il patrimonio edilizio, con un atteggiamento da caccia alle streghe nei confronti dell’industria del cemento.

E ancora, il vincolo di applicabilità degli ampliamenti a edifici residenziali fino a 1.000 mc….e se un edificio è di 1.050 metri cubi? Perché non modulare un ulteriore 1% di ampliamento, risibile in termini di risultato, a quei fabbricati fino a 1.200/1.500 metri cubi che sono border-line alla norma? Perché escludere le case a schiera tri o quadrifamiliari fino a 1.200/1.500 mc., che vuol dire 500 metri quadrati, praticamente nulla per un incremento di 70 mq. che magari può risolvere dei problemi abitativi a famiglie che ne hanno necessità, per un figlio in più, per la camera dell’anziano genitore, per una badante?

Altro mezzo passo indietro è stato fatto con la definizione di edificio incongruo; ma quale è il professionista che metterà la Sua firma sulla “accertata criticità statico strutturale concernente rischio per la pubblica e privata incolumità”? Perché non scrivere più semplicemente che sono ammessi interventi su edifici per i quali risulta difficile e antieconomico operare una messa in sicurezza sotto il profilo strutturale antisismico? E per gli edifici e i rustici dell’800 o precedenti in pietra e malta, costruiti prima dell’avvento del cemento armato? Forse perché risulta più semplice, più comprensibile, più pratico, darebbe sicuramente i suoi effetti, magari funzionerebbe…e allora si vuole evitare che serva e che funzioni? Dobbiamo attendere un terremoto devastante per piangere i morti e cercare le responsabilità?

Altro passo indietro è la definizione di “sito”, introdotta all’art.2, comma 1 lettera g) …“la fascia minima di metri 5 attorno al perimetro dell’edificio e che comunque, non oltrepassi il confine di proprietà”….incredibile!!! …quindi un immobile non può essere demolito e ricostruito oltre i 5 metri…nonostante la circolare “Lunardi”, nonostante che molti piani regolatori prevedano già lo spostamento sull’intero lotto di proprietà, nonostante la legge urbanistica Regionale preveda quanto meno lo spostamento nel raggio di 10 metri!!! Sarebbe bastato, e per fortuna siamo ancora in tempo a farlo, se incontreremo ragionevolezza nell’esame in commissione consiliare, formularlo così: “la fascia minima di metri 5 attorno al perimetro dell’edificio e/o che comunque, non oltrepassi il confine di proprietà”…. A volte basta una “o” dopo una “e” per dare un senso compiuto, realistico e fattibile ad un articolo di legge.

L’introduzione dell’art. 3 bis poi, se da una parte risponde alle richieste formulate a gran voce dal P.d.L. circa l’estensione della possibilità di ampliamento per gli immobili a destinazione artigianale o industriale, di fatto conferma quanto abbiamo già predicato in sede di Legge di Bilancio in Consiglio Regionale, e cioè che non esiste alcun interesse da parte di questa Amministrazione Regionale di sinistra verso il turismo. In questo art. 3 bis brilla l’esclusione degli incrementi volumetrici per le strutture alberghiere, e non lo capiamo; perché sì per i manufatti a destinazione artigianale o industriale e no per gli alberghi? Gli albergatori sono forse figli di un Dio minore?

Perché in Liguria, che è e dovrebbe essere la perla del turismo e questa Giunta Regionale di Sinistra dovrebbe avere un’attenzione particolare per la ricettività turistica, si chiudono gli alberghi e quelli che ci sono non vengono agevolati in alcun modo?. Già gli albergatori sono condannati da una legge Regionale che porta il nome di un autorevole assessore, l’ass.re Ruggeri, forse per questo “trombato” dagli elettori soprattutto della Sua parte politica, a fare gli albergatori a vita, a essere equiparati ai “servi della gleba”, condanna estesa ai figli degli albergatori e ai figli dei loro figli, in nome di una immodificabilità della ricettività alberghiera da fare invidia ai piani quinquennali di sovietico ricordo, avulsi dal mercato e dalla competizione. Ora gli si impedisce di utilizzare uno strumento più snello per ampliare le loro attività!!! COMPLIMENTI!!!

E perché escludere i fabbricati rurali dalla possibilità di ampliamento?

Altra incongruità della legge è all’art. 2 comma 1 lettera f), dove si legge che la volumetria esistente è definita alla data del 30 giugno 2009 sulla base della dichiarazione di ultimazione dei lavori, e non già sulla effettiva ultimazione dei lavori, dichiarata per esempio con autocertificazione…quanti sono i privati che non hanno dato il fine dei lavori come prevede la legge? Dobbiamo per forza penalizzarli?

Queste sono alcune considerazioni, prima di approfondire l’esame della legge in Commissione Consiliare, condivise dal nostro Gruppo Consiliare del P.d.L. , osservazioni di buon senso, se si vuol fare davvero una modifica ad una legge che nei fatti, come ha riscontrato l’Assessore Fusco con le audizioni dei Sindaci della Liguria, non ha prodotto pressoché alcun risultato.

Soprattutto non è stata, come nelle intenzioni del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (che la ha promossa senza imporla, e avrebbe potuto farlo perché la materia urbanistica è legislatura concorrente tra Stato e Regioni), quel volano per rimettere in moto l’economia e quel particolare comparto che langue in una stato di crisi strutturale, che ha generato negli ultimi anni grandi numeri di disoccupati, e che, invece, con piccoli ma oculati interventi, potrebbe rimettersi in moto, anche a scadenza temporale limitata, come previsto dalla legge.

Questa legge che interviene sull’esistente, quindi non genera cementificazione, sottrazione del territorio, eliminazione di verde pubblico o privato, come vogliono darci da intendere gli spettri agitati dalla Sinistra Radicale e dai nemici del progresso e dell’economia non assistita!

In questo senso chiederemo anche l’estensione degli effetti e benefici della legge dei sottotetti, la L.R. 24/2001, altra legge intelligente che non sottrae territorio, non a caso promulgata da una Giunta Regionale di centrodestra, anche agli immobili terminati alla data del 30.12.2010.

Fino ad oggi, nonostante tutto, il Gruppo consiliare P.d.L. ha tenuto un atteggiamento collaborativi, nella speranza di modificare in meglio questa “brutta” legge, ma siamo pronti a fare le barricate in Consiglio Regionale e in Commissione Consiliare se non si arriverà ad un risultato condiviso che serva al rilancio “vero” dell’economia legata al settore dell’edilizia.

Spero e mi auspico che i sindacati, che rappresentato gli operai e i dipendenti del settore (20.000 esuberi in Liguria in 2 anni), gli operatori, le imprese, gli artigiani (idraulici, lattonieri, piastrellisti, falegnami, palchettisti, impiantisti ecc…), le Associazioni dei Piccoli Proprietari immobiliari, gli agenti immobiliari, i Sindaci e i Presidenti di Provincia, di destra e di sinistra, possano fare pressing con una operazione di lobbing nei confronti della Giunta e dei consiglieri di maggioranza, soprattutto quelli della sinistra moderata e del centro, per arrivare ad una modifica della legge che veramente sia efficace.

Una modifica che possa rimettere in moto l’economia e il lavoro in un settore in grande crisi, come quello dell’edilizia, senza criminalizzazioni o posizioni ideologiche di retroguardia, per non perdere una grande occasione che oggi tutti abbiamo, e affinché la montagna non partorisca il topolino.

* Marco Melgrati – Consigliere Regionale Gruppo P.d.L.; Vice Presidente VI Commissione Consiliare Urbanistica-Territorio-Ambiente