di Claudio Almanzi – Una delegazione albenganese, guidata dal giornalista e critico d’arte Adalberto Guzzinati (che ha già visto il Museo del Novecento di Milano) visiterà domenica prossima la prima grande mostra ospitata nel rinnovato Palazzo dell’Arengario, proprio in centro città. Guzzinati ha preparato una breve guida che potrà essere utile a coloro che, nei prossimi giorni, andranno a visitare questa grande mostra e ci accompagna in una visita virtuale nel famoso palazzo milanese, simbolo della grande avventura razionalistica lombarda degli anni Trenta.

“Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano- dice Guzzinati- è rimasto entusiasta della visita fatta all’Arengario. Ed in effetti le 400 opere esposte sono di grande livello. Si inizia con il ‘Quarto Stato’ di Giuseppe Pellizza da Volpedo, quadro celeberrimo, che è già una visione. L’ opera è stata installata proprio sulla rampa elicoidale realizzata al centro dell’Arengario. Poi si incontrano i grandi dal Futurismo, alle avanguardie fino al post modernismo”. Segue una breve sintesi del percorso della mostra sul Novecento. La prima grande sala del Museo, è dedicata a Umberto Boccioni, con una collezione che comprende anche il manifesto pittorico del futurismo Elasticità (1912). Vi è poi una sezione interamente dedicata al Futurismo con opere di Giacomo Balla, Carlo Carrà, Gino Severini, Ardengo Soffici, Achille Funi, Fortunato Depero, Mario Sironi. La sezione si chiude con Natura morta con squadra di Carrà del 1917 che anticipa i cambiamenti di linguaggio del dopoguerra.

La sezione dedicata a Boccioni è la prima di otto monografie che vedono protagonisti Giorgio Morandi, Arturo Martini, Giorgio de Chirico, Fausto Melotti, Lucio Fontana, Piero Manzoni, Marino Marini. Si passa poi all’arte degli Anni Venti e Trenta, con opere di Mario Sironi, Carlo Carrà, Virgilio Guidi, Piero Marussig, Felice Casorati, seguono l’Arte Monumentale e Antinovecento con opere tra gli altri, di Renato Birolli, Aligi Sassu, Massimo Campigli, Scipione e Filippo De Pisis. Chiude il secondo piano una sezione di opere degli anni trenta di Fausto Melotti e di astratti comaschi. A Lucio Fontana è stato dedicato invece il salone della torre dell’Arengario. La sala è stata progettata come un’enorme opera ambientale allo scopo di allestire il soffitto del 1956, proveniente dall’Hotel del Golfo di Procchio all’Isola d’Elba, concesso in deposito dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, nonchè la Struttura al neon (1951) di proprietà della Fondazione Fontana e i Concetti spaziali degli anni Cinquanta.

Da qui, all’ultimo piano della torre dell’Arengario, ci si affaccia su piazza del Duomo: già da sola questa vista merita la visita. Al terzo piano, una sala dedicata ad Alberto Burri e alle opere degli anni Cinquanta dei maggiori maestri italiani come Emilio Vedova, Giuseppe Capogrossi, Gastone Novelli, Osvaldo Licini, Tancredi Parmeggiani, Carla Accardi. La sezione conclusiva, oltre mille metri quadrati, situata nella manica lunga al secondo piano di Palazzo Reale e collegati all’Arengario da una passerella sospesa, è dedicata agli anni Sessanta e termina con un’opera di altissimo livello: si tratta di un celebre “Rosa nera” del 1964 di Janis Kounellis. Passata la passerella aerea si incontra una Scultura d’ombra, realizzata per l’occasione, per il museo milanese del Novecento da Claudio Parmiggiani. Segue una grande sezione riservata all’Arte Cinetica e Programmata anticipata da Aconà Bicombì di Bruno Munari e seguita da una serie di opere di Enzo Mari, Getulio Alviani, Dadamaino e opere e ambienti degli artisti del Gruppo T: Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo, Gabriele Devecchi e Grazia Varisco. Seguono le nuove figurazioni, dal Realismo esistenziale alla Pop Art, con Valerio Adami, Bepi Romagnoni, Franco Angeli, Alik Cavaliere, Enrico Baj, Emilio Tadini e Mimmo Rotella, con Decisioni al tramonto (1961) e una selezione di artisti della Pittura Analitica con opere di vari artisti tra cui Rodolfo Aricò, Claudio Verna e Giorgio Griffa.

Infine spazio per l’Arte Povera (con opere degli anni Sessanta di Luciano Fabro e l’ambiente Habitat ideato per il Pac del 1980). Presenti in questa sezione Alighiero Boetti, Michelangelo Pistoletto, Pier Paolo Calzolari, Giulio Paolini, Mario Merz, Giuseppe Penone, Jannis Kounellis, Giovanni Anselmo e Gilberto Zorio. Infine la sezione dedicata a Marino Marini. La mostra rimarrà aperta, con questa dislocazione, fino al 28 febbraio. Successivamente verranno collocate altre opere: la collezione di opere del Novecento, posseduta dal Comune di Milano, infatti conta oltre 4 mila pezzi di grande pregio, che nel tempo verranno sapientemente fatte ruotare e messe in esposizione.