di Mauro Lami – Per l’ennesima volta leggiamo sulle cronache di un gesto estremo, un padre si è tolto la vita e in questa sua scelta coinvolge anche le figlie, forse, non si ha nessuna sicurezza di ciò che è avvenuto se non quello che lui ha scritto in una lettera.

Abbiamo letto tutto e anche di più su questa vicenda, ma sempre a senso unico: Lui uomo, violento e assassino, sicuramente con un psiche dipolare. Lei madre indifesa, succube di lui, che subisce questa ennesima violenza.

Psicologi sociologi, criminologi tutti a cercare di capire, “dopo”, cosa abbia potuto portarlo a questa ”folle decisione” , un uomo riconosciuto dai vicini come persona buona e gentile.

Basterebbe vedere cosa succede in Italia con l’affido condiviso inapplicato dai giudici preposti (e pagati con i soldi dei contribuenti) ad applicare la legge e non a interpretarla e ad applicare la cosiddetta Prassi!

Ogni anno in Italia si separano circa 160.000 persone e 100.000 sono i nuovi divorziati. È un fenomeno che colpisce tutti i ceti sociali, operai e impiegati, commercianti e insegnanti, medici ed imprenditori, senza distinzioni senza se e senza ma. Solo un 10-15% sono gli affidamenti ai padri. Il restante ’85-90% dei padri rischia a seconda della classe sociale di appartenenza di entrare a far parte dei nuovi poveri obbligati a mantenere moglie e figli.

A non avere più risorse per sopravvivere e come una ciliegina sulla torta ad avere rapporti discontinui e sempre più rarefatti con i figli mediamente dalle 70 alle 90 ore al mese di visita che equivalgono ai due fine settimana mensili che vengono concessi dai giudici. Sono numeri che fanno rabbrividire, ed in una realtà sociale, di disagio sociale, ci chiediamo come mai succedono queste cose.

Basterebbe leggere la lettera in cui accusa la moglie, colpevole di avergli tolto l’affidamento delle bambine, “senza l’affido congiunto non ce la faccio”. È la separazione dai figli a scatenare l’impulso ad uccidere ed uccidersi, non certo la gelosia o la mancata accettazione della fine di un matrimonio.

Non si tratta di giustificare il gesto disperato, che rimane ingiustificabile prosegue, ma è doveroso comprendere a fondo le dinamiche di questa come di tante altre stragi familiari.

Dalla lettera emerge il desiderio del padre di potersi occupare delle bambine anche dopo la separazione, una pulsione naturale ed insopprimibile. Il rifiuto, le limitazioni, la consapevolezza di essere relegato per sempre in un ruolo marginale hanno generato il corto circuito.

Quando i “gesti isolati” si ripetono a centinaia è indispensabile individuare il filo rosso che li

unisce .

In Italia sono circa 800 i casi ritenuti isolati. Nel caso di Matthias Schepp non c’entrano nulla quelle che vengono costantemente citate quali motivazioni delittuose: la gelosia morbosa per la donna che lo ha lasciato, oppure l’incapacità maschile di accettare la separazione… il padre suicida chiedeva di poter stare un po’ di più con le figlie, chiedeva di non sparire dalla loro vita. Se fosse stato previsto un affido condiviso forse oggi non dovremmo piangere altre due giovani vite spezzate. Di affido esclusivo si può anche morire.

Solo se i giudici applicheranno la legge in maniera giusta si potranno fermare atti come questi. I figli si fanno in due e in due si devono crescere anche se separati, i padri oggi chiedono e si battono per avere pari diritti per creare le condizioni di una vera bigenitorialità.

* Mauro Lami – Presidente Papà Separati Liguria