di Alfredo Sgarlato – La satira è diventata ultimamente uno dei principali argomenti di dibattito. Qui non ci occuperemo del presente della satira, dei suoi limiti o dei suoi meriti, ma del passato, che è molto ricco. Satira deriva dal latino “satura lanx” una pietanza mista e colorata. Già nell’Antica Grecia si praticava alla grande, vedi Aristofane, ma la leggenda vuole addirittura Omero come iniziatore col poema Margite e a Roma Ennio, Orazio e Marziale si cimentarono nel genere. Il terzo peraltro in termini volgarissimi.

Nell’Italia moderna la prima rivista di satira fu L’asino, fondata dal vignettista Galantara e dal giornalista Podrecca. Fiancheggiatori del partito socialista, i due ben presto si caratterizzarono soprattutto come anticlericali, anche se non risparmiavano strali contro i politici, in primis Giolitti (ribattezzato il “palamidone”). La guerra divise Galantara, pacifista, da Podrecca, interventista, e poi fascista, mentre Galantara tornò sulla cresta dell’onda col collaborare ad una nuova rivista, antifascista, Il becco giallo. Accanto a lui molti esuli in Francia come Rosselli e Lussu.

Il fondatore, Alberto Giannini, ben presto si stufò della compagnia e fondò Il merlo, rivista di stretta osservanza fascista. Alberto Giannini era solo omonimo di Guglielmo Giannini, fondatore della più nota rivista satirica dell’immediato dopoguerra, L’uomo qualunque. Giannini fondò anche un partito e prese anche qualche voto, combattè dalle sue pagine il comunismo a favore della Dc, mentre tramava con Togliatti contro di questa.

Negli anni ’40/50 le riviste satiriche fondamentali furono però Candido e Marc’Aurelio. Il primo fu fondato da Giovanni Mosca ma ebbe la sua punta di lancia in Giovanni Guareschi, il ben noto inventore di Peppone e Don Camillo e del termine “i trinariciuti”. Guareschi era un autore tutto sommato bonario, che sotto sotto voleva bene ai suoi nemici. Però, a differenza della maggioranza degli italiani, fu antifascista quando c’era Lui, anticomunista quando aveva da venì Baffone e antidemocristiano sempre; conobbe il campo di concentramento e la prigione, fu dimenticato e riscoperto da L’Unità. Il Marc’Aurelio esisteva sin dal 1931, ma più che alla satira vera e propria era dedito all’uorismo tout court. Scrissero e disegnarono sul Marc’Aurelio, Metz, Marchesi, Galantara, Fellini, Scola, Steno, Zavattini. Una vignetta di Fellini: “compagno, ma sei a letto con mia moglie! Compagno, sull’Unità non c’è scritto! Meno male, allora non è vero…”

Gli autori del Marc’Aurelio seppero fare di molto meglio nel cinema, ma si deve pur cominciare e quella rivista fu una palestra straordinaria. Si iniziano rubriche satiriche anche sui quotidiani e a fare scuola è Mario Melloni alias Fortebraccio, coi suoi corsivi fulminanti e imitatissimi (“al comizio arrivò un’auto vuota. Si fermò. Non scese nessuno. Era Malagodi”).

Con gli anni ’60 anche la TV deve cimentarsi nella satira. Primo tentativo è il leggendario varietà Un due tre, con Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello. I due ebbero grosse noie quando rappresentarono una scenetta in cui si alludeva ad una caduta dell’allora presidente Gronchi. Bastava ben poco allora per incorrere nelle ire dei censori… Quindi venne la Canzonissima presentata da Dario Fo e Franca Rame, che fu sospesa, non tanto per l’irriverenza dei due contro le autorità ma per aver alluso al tema, tabù, dei morti sul lavoro.

Negli anni ’70 re della satira in TV è l’imitatore Alighiero Noschese (1932-1979). Personaggio singolare, talento enorme, finì coll’iscriversi alla P2 benchè comunista e col suicidarsi al culmine di una crisi depressiva. Laureato in Giurisprudenza, la leggenda narra che sostenne i due esami più difficili imitando le voci di Totò e Amedeo Nazzari. Oggi l’imitazione in TV è praticata al massimo grado, a mio avviso il migliore di tutti è Corrado Guzzanti, che però da il meglio di sé coi personaggi inventati.

A fine anni ’70 torna il primato delle riviste, con Il Male e Frigidaire. Il Male fu ideato da Pino Zac e lanciò vignettisti come Vincino (Vincenzo Gallo), Angese, Jacopo Fo, Pablo Echaurren (figlio d’arte, del Grande Sebastian Matta, e autore delle copertine della collana di libri di culto Il pane e le rose), oltre a fumettisti come l’immenso Andrea Pazienza, Tamburini, Liberatore, Scozzari, Igort, che poi diedero il meglio di sé in Frigidaire, creatura di Vincenzo Sparagna, più dedito al fumetto senza limiti che alla sola satira. Chi oggi si lamenta dell’eccessiva libertà di cui godono oggi gli autori di satira è evidente che non abbia mai letto queste riviste, che non si fermavano di fronte a nulla.

Era giusto o sbagliato? Non so dirlo; certo è che chi come me leggeva Il Male di nascosto a scuola rimane sconcertato quando legge di querele a personaggi tutto sommato innocui per quanto volgarissimi, vedi Forattini. Capolavoro del Male erano le false prime pagine di quotidiani, con notizie deliranti del tipo “annullati i mondiali di calcio”, “sono atterrati gli extraterrestri (comunicano tramite odori)” o il capolavoro assoluto “arrestato Ugo Tognazzi è il capo delle Brigate rosse” (giuro, vi fu chi commentava: io me l’ero immaginato…).

Tentativo di raccogliere l’eredità del Male fu Cuore di Michele Serra , che ebbe buon successo agli inizi degli anni ’90, ma circoscritto ad un pubblico politicamente schierato. Un titolo come “scatta l’ora legale panico tra i socialisti” però funziona ancora molto nei social networks. Se negli anni ’50/ ’60 maestri della satira furono personaggi politicamente non incasellabili come Ennio Flaiano o Marcello Marchesi o addirittura fascisti pentiti come Longanesi e Maccari o Jacovitti, dagli anni ’70 la satira diventa dominio della sinistra extraparlamentare e poi con Cuore degli ex PCI.

Va detto che tentativi di fare un “Cuore di destra” come Fegato o Senza Quore – che pure aveva dietro un geniaccio come Max Bunker, l’ideatore di Alan Ford e Kriminal – fallirono dopo due o tre numeri. Egemonia culturale della sinistra o segno della sua sconfitta politica? “La seconda che hai detto” risponderebbe un grande già citato…