di Alfredo Sgarlato – Il 17 marzo è stato l’anniversario dell’Unità d’Italia, il 16 è stato una giornata significativa per chi ama il cinema: Bernardo Bertolucci ha compiuto settant’anni. Ma la buona notizia è che dopo una grave malattia e un lungo riposo forzato Bertolucci tornerà a dirigere un film, dal romanzo “Io e te” di Nicolò Ammanniti, il più talentoso dei nuovi scrittori italiani e lo girerà in 3D. Bertolucci è figlio d’arte: suo padre Attilio fu un grande poeta e Bernardo stesso si cimentò nella poesia, per poi fare l’assistente di Pasolini sul set di “Accattone”.

Il rapporto col padre fu senz’altro difficile e la tematica edipica segna gran parte della sua produzione, da “Strategia del ragno”(1970, ispirato ad un racconto di Borges) a “La tragedia di un uomo ridicolo” (1981) fino al meno risolto “La luna” (1979), dove però è il rapporto con una madre artista ad essere centrale. Pochi cineasti quanto Bertolucci hanno saputo calare la storia personale in quella nazionale: oltre ai film già citati “Il conformista”(1970), tratto da Moravia e il grandioso affresco “Novecento”(1976) con il fascismo e la Resistenza sullo sfondo, fino all’ultimo “The Dreamers” (2003), non del tutto riuscito, che però ha il merito di ricordare come nacque il movimento del ’68, cioè con le proteste per la chiusura della Cinematheque di Parigi guidate da Francois Truffaut. Bertolucci è poi uno dei pochi registi italiani capace di confrontarsi con grandi produzioni internazionali, come “L’ultimo Imperatore” (1987, nove Oscar, quattro Golden Globe, otto David e un Cesàr), “Il the nel deserto”(1990) (da Bowles), il meno interessante “Io ballo da sola”(1995, che ha comunque il merito di aver lanciato Liv Tyler e Rachel Weitz) e il sottovalutato “L’assedio”(1998, da un racconto di James Lasdun, uno di quegli scrittori che si trovano solo nei negozi remainders).

Ma Bertolucci rimarrà per sempre nella storia per “Ultimo tango a Parigi” (1973) uno dei capolavori assoluti della Settima Arte (in onda venerdì 7 aprile alle 23 su LA7D. Scusate se faccio pubblicità ma è cosi raro ormai che in tv passi un capolavoro). Un film che fece scandalo per un paio di sequenze oggi meno sconcertanti di quanto si vede in un telegiornale, che portò ad una condanna per oscenità con ordine di bruciare le pizze del film e la perdita per alcuni anni dei diritti civili per Bernardo. Un film perfetto nella sua essenzialità, con due personaggi e un solo ambiente che Bertolucci trasforma con la sua maestria registica e la capacità di usare simboli e metafore in un intero universo.

Si può notare come “Ultimo tango…” insieme con “8e ½ “ di Fellini e “La caduta degli Dei” di Visconti formi una trilogia di film imitatissimi da decine di registi, soprattutto americani, con risultati spesso mediocri, a confermare come nel cinema gli italiani siano stati grandi maestri e che spesso sono gli ottimi maestri (quindi inimitabili) a generare pessimi allievi. Ovviamente per un artista del calibro di Bertolucci non può bastare un articolo, abbiamo voluto solo cogliere l’occasione per invogliare a riscoprire, in questo periodo così patriottico, uno dei figli migliori che l’Italia ha avuto e che da essa è stato molto maltrattato, mentre all’estero era osannato. E un in bocca al lupo! a Bertolucci per i prossimi film.