di Alfredo Sgarlato – Leggendo la pagina delle ristampe in una rivista musicale mi rendo conto di aver trascurato nel mio articolo sulla musica demenziale alcuni artisti che pure erano nel progetto. Una seconda parte dell’articolo mi sembra quindi inevitabile. Nella prima parte avevo affrontato soprattutto i musicisti di estrazione swing; ma anche il rock’n’roll non fu da meno. Del resto anche in America il rock nasceva come musica per feste adolescenziali e i testi dei primi rockers non erano altro che un’accozzaglia di suoni onomatopeici e allusioni sessuali in gergo. Queste sarebbero state impossibili nell’Italia degli anni ’50, quando in TV era obbligatorio mostrare la bellissima Abbie Lane rigorosamente solo in primo piano.

Ma lo spirito demenziale fu colto. Accanto ai ben noti Gaber, Jannacci, Celentano, è doveroso ricordare Clem Sacco (n. 1933) che ebbe il suo primo hit con Oh mama voglio l’uovo alla coque, scrivendo poi brani fondamentali come Il deficiente, Papà dammi un quarto di leone, Baciami la vena varicosa (nessun doppio senso!), brano che mostra la sua passione per i ritmi sudamericani. Va in tournèe con una band comprendente Gino Santercole alla chitarra ed Enrico Maria Papes (poi nei Giganti), ha poco successo e da allora gira per il mondo.

Come lui ebbe un breve momento di gloria Ghigo (Arrigo Agosti, Milano 1936) con la trascinante Coccinella, ancora oggi molto nota, ma che pochi sanno essere dedicati a Coccinelle, uno dei primi trans di fama internazionale. Con Ghigo suonano gli Arrabbiati, di cui fanno parte a periodi Gaber, Santercole, Ricky Sanna (poi Gianco), e fonda il partito estremista dell’urlo con Clem Sacco, Little Tony, Pino Donaggio Tony Renis e altri personaggi dimenticati come Guidone, Brunetta, Babette. Altri suoi hit furono Bocciato agli esami di riparazione, Banana frutto di moda, il blues Scalogna e carcere, Tredici vermi col filtro (ispirata da un vero scandalo). Ebbe problemi di censura ma, a suo dire, dovuti non ai testi, ma al suo modo di cantare sgraditi ai programmisti RAI fermi al bel canto ottocentesco. Più vicino a Buscaglione è Riz Samaritano (Lorenzo Schellino, torinese), anche caratterista in TV, che viene riscoperto perchè Elio e le Storie Tese incidono la sua divertentissima Cadavere spaziale. Dopo gli anni ’60 si dà alla canzone dialettale. Anche lui ebbe problemi di censura.

Negli anni ’70 in Italia vi fu l’esplosione del Progressive Rock, ispirato da Genesis e King Crimson, che al contrario aveva testi molto letterari e ambiziosi ( a volte involontariamente demenziali: ascoltate l’incredibile Concerto delle menti dei Pholas Dactilus per credere). Con un eccezione: Fabio Celi e gli infermieri, passati alla storia come primo gruppo italiano ad usare i sintetizzatori (non è vero, furono i Nomadi). Cercate su You Tube Follia o Sono Cattivo e vi divertirete.

Diversa fu la situazione con l’avvento del punk. Il messaggio di rabbia e nichilismo del punk inglese (“no future”) si diffuse solo in seguito, con l’esplosione dell’ hardcore in pieni anni ’80; all’inizio anche il punk fu accolto con spirito demenziale, forse perchè era fortissima l’influenza degli Skiantos, assimilabili solo in parte al punk, oppure perchè uno dei primi gruppi del nuovo rock ad essere apprezzati in Italia furono i Devo, molto ironici nel loro approccio. Gruppi come Gaz Nevada, Kaos Rock, le Kandeggina Gang di Jo Squillo (col singolo Orrore/ Sono cattiva), i Windopen o i gruppi di quel movimento nato a Pordenone che si chiamò The Great Complotto e avevano nomi improbabili come Hitlerss o Tampax, avevano una forte componente demenziale, per non dire de Gli Incesti, gruppo probabilmente creato a tavolino, col singolo cult Punk rock/Sabato midnight.

Questi gruppi divennero ben presto un mito tra i giovani dell’epoca. E questo sebbene i loro dischi fossero introvabili o spesso questi gruppi non esistessero. La storia del punk italiano è molto ben raccontata nel documentario Mamma dammi la benza di Angelo Rastelli e Luca Frazzi mandato in onda sulle tv satellitari (nota: visto il successo il regista ha girato altri documentari sul rock italiano, ma le tv li hanno rifiutati). Fu il trionfo del Situazionismo, movimento creato dal filosofo Guy Debord che si proponeva di confondere vita e arte. La rivista Rockstar aveva una rubrica amatissima da noi lettori dedicata ai gruppi italiani: ma quasi tutti questi gruppi erano inventati!

Una delle storie pubblicate era una delle prima prove letterarie del noto scrittore noir cerialese Pupi Bracali… Mi ricordo il gran divertimento con cui tra gli amici accogliemmo l’apparizione su quelle pagine di un personaggio da nome, look e testi demenzialissimi: Johnson Righeira (Stefano Righi). Chi si sarebbe mai aspettato che un paio d’anni dopo, trovato un “gemello” in Michael Righeira (Stefano Rota), avrebbe avuto un hit milionario con la demenzialissima Vamos a la playa? Che tanto demenziale poi non era, alludeva ad un disastro nucleare, quindi ancora di stretta attualità.

* il trend dei desideri: la rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato