Quando il Ponente andava in bicicletta…

di Guglielmo Olivero – Ma quanta strada avrà fatto Bartali, recita una strofa del brano di Paolo Conte dedicato al grande Ginettaccio. Ma quanta strada avranno fatto anche Bruno Vittiglio e Bruno Zanoni, due ex campioni di casa nostra che, anni fa, hanno regalato momenti indimenticabili agli sportivi (e non soltanto loro) del Ponente. Nel momento in cui scatta il Giro d’Italia è un doveroso omaggio della nostra memoria sportiva di ricordare le gesta di questi due campioni. Bruno Vittiglio è un albenganese doc. È stato un ottimo gregario alla corte di Gimondi, quando c’era la Salvarani, e agli inizi degli anni ’70 si era tolto qualche soddisfazione. La più bella, una vittoria alla Tirreno-Adriatico a S. Benedetto del Tronto è rimasta nel ricordo di tutti gli appassionati locali perché. come racconta Bruno, di quella gara non esiste un’immagine: “Bisogna intanto ricordare ai giovani-afferma commosso Vittiglio in questa intervista ad Albenga Corsara-che quarant’anni fa il ciclismo ed il calcio, insieme alla boxe, monopolizzavano l’attenzione degli sportivi. Le corse erano trasmesse in diretta sul Programma Nazionale e al mercoledì si attendeva fino all’ultimo per sapere se si poteva vedere una partita di calcio in televisione. Tempi diversi, ma diciamolo pure bei tempi. Quel giorno di marzo scattai a metà tappa e arrivai solitario a S. Benedetto del Tronto. Alzai le mani al cielo e dissi: finalmente ad Albenga e Alassio, dove vivevano i miei genitori Maddalena e Severino, tutti parleranno di me. Poi notai che non c’era nessuno nella cabina Rai, soprattutto non c’era Adriano De Zan. Mi dissero che uno sciopero improvviso aveva cancellato la diretta. Non potete immaginare che delusione”.

La vita non è stata gentile nei confronti di quest’uomo: nel 2008, all’improvviso, è mancata la giovane moglie Maria Rosa, sei mesi dopo la madre Maddalena, sua prima tifosa. Lo vedi ogni tanto con il suo gatto (che tiene spesso sulla schiena) passeggiare, parlare con gli amici del ciclismo, ma capisci che si rimane prigioniero dei ricordi. Di quel ciclismo in bianco e nero, da leggenda: “Inizia il giro 2011 e i giornalisti che fanno? Intervistano i campioni degli anni ’70. Voi cercate me, la Rai fa servizi sui ciclisti degli anni ’60. La gente chiede i filmati di quelle corse, mica della Milano-Sanremo di un mese fa. Cosa vuol dire questo? Che la gente ama quei tempi”. Già, anche ad una Milano-Sanremo il corridore di Albenga fu protagonista mentre al Trofeo Laigueglia, in fuga, un passaggio a livello bloccò la sua fuga. Se Vittiglio non era fortunato Bruno Zanoni, alcune volte, non amava certi sforzi. Di un Giro d’Italia ha un ricordo non proprio da prima in classifica: “In una tappa di montagna ero andato in crisi, accumulai un ritardo pazzesco. Ero ultimo, indossai la maglia nera che a quei tempi era popolare come la rosa. Feci di tutto per difenderla e vi assicuro che non c’è nulla di spregevole ad indossarla”.

Bruno Zanoni, ex corridore professionista, è oggi titolare dell’Albergo Splendid di Laigueglia ed ha un figlio che si sta facendo valere nella mountain. Ha vinto alcune corse ma il suo ricordo è legato soprattutto ad una Parigi-Roubaix: “Quando la corsi capii perché la chiamavano l’Inferno del Nord. È una gara massacrante, da perdere i sensi, soprattutto quando il tempo è inclemente”. Zanoni, dopo aver abbandonato la carriera da corridore, è rimasto nel mondo delle due ruote come organizzatore del Trofeo Laigueglia. Una corsa alla quale, dalle nostre parti, siamo tutti legati. E che ci fa tornare indietro perché è vero quello che dice Vittiglio: gli amanti del ciclismo sono divorati dal passato. E ne hanno tutte le ragioni.