di Alfredo Sgarlato – Per chi non vive lontano da Cannes, come noi ingauni, una gita nei giorni del festival del cinema è un occasione di divertimento unica. Quella che un secolo fa era un borgo di pescatori come qualsiasi cittadina ligure, ed oggi è il regno del lusso, per una settimana a metà maggio diventa il centro del mondo. Appena ci si arriva e si trova parcheggio (naturalmente a pagamento) si respira subito l’aria del cinema.

Si ammirano il poster ufficiale, quest’anno un formidabile ritratto di Faye Dunaway in bianco e nero scattato dal regista Jerry Schatzberg, e i molti ritratti di dive e divi esposti sui muri. Passeggiando sulla Croisette si guardano i molti yacht, alcuni veri e propri palazzi galleggianti che stanno alla rada (nel porto ci sono solo piccole imbarcazioni, soprattutto d’epoca) e si incontra una smisurata folla di gente, per metà giapponese ( o cinese?). Tutti o quasi portano al collo il “badge”, cioè il tesserino di riconoscimento, che io sbircio cercando di capire chi è chi. Si arriva ai palazzi del cinema, quello più grande dove avviene la “montèe”, la sfilata dei divi, e quello dove si tiene la sezione collaterale “Un Certain Regard”.

I grandi alberghi sono tappezzati di striscioni di case cinematografiche, il cinefilo estremista come me ha un battito di cuore quando vede quelli di Shochiku e Nikkatsu, quelle di Mizoguchi e Oshima, mentre i manifesti annunciano i film che usciranno nei prossimi anni. Quest’anno però mi sembra di vedere meno lusso, meno tipi stravaganti e più polizia, sarà la crisi. Non vedo la sfilata dei fans della Troma film, quella che produce orgogliosamente i film più brutti del mondo (alcuni titoli: nazi surfers must die, maniac nurses find extasy…), non vedo punk giapponesi e neppure i Raeliani, quelli che credono che Dio sia un extraterrestre.

Però mi imbatto in un gruppo di persone vestite in modo strano che si presentano come seguaci della “Chiesa delle tre sante consumazioni” ed inscenano un vero e proprio spettacolo di cabaret con tanto di messa con una nota bevanda made in Atlanta al posto del vino. C’è una manifestazione di operai e una contro la corrida. Incontro un bluesman vestito da becchino e “mirror man”, un tipo vestito di catarifrangenti con una chitarra rosa.

Ma i film? Vedere un film al Festival di Cannes è molto difficile. La maggioranza delle proiezioni è ad invito oppure si può entrare si si ha l’accredito, che è difficile e costoso da ottenere. L’unica sezione aperta al pubblico è la “Quinzane des Realizateurs” dove con un prezzo e una coda ragionevoli si può assistere alla proiezione di un opera prima o di un regista poco noto. Io e i miei compagni di avventure scegliamo Return, di Liza Johnson, che alla lettura della sinossi ci appare quello meno deprimente. Già, perché molti titoli parlano di povertà, solitudine, pedofilia, omicidii… Sarà che i tempi che corrono sono questi, ma ecco perchè Woody Allen e Nanni Moretti sono stati accolti così bene. Il film è discreto ma non eccezionale, è la storia di una soldatessa al ritorno dal fronte. Storia già vista molte volte ma qui è raccontata al femminile. Ottima la prova della protagonista Linda Cardellini (E.R., Scooby Doo, dove però è irriconoscibile per il trucco, di persona è graziosissima). Si può anche assistere alla conferenza stampa di regista, protagonista e collaboratori.

Dimenticavo: il film era in inglese sottotitolato in francese. I dialoghi non erano complessi e l’ho seguito piuttosto bene, ma vedendo un film ad un festival si capiscono le difficoltà delle giurie e perché non vincono i film italiani, troppo parlati e zeppi di riferimenti all’attualità. L’evento della giornata è la proiezione, alle 18,30 di “Pirati dei Caraibi”. Alle 16, 30 la folla intorno al Palais è già inverosimile e ce ne andiamo in giro. È bellissimo incrociare sia quelli che tornano dalla spiaggia in ciabatte e pantaloncini (c’è una splendida spiaggia libera a pochi metri) sia bellissime ragazze di tutti i tipi etnici in abito da sera e tacchi alti e i loro accompagnatori in smoking. Molti hanno il famigerato badge, altri cercano un biglietto che non troveranno. Alle 18,30 nonostante la folla arrivo abbastanza vicino alla montèe e vedo arrivare i divi Johnny Depp, molto dandy in bianco e Penelope Cruz, di una bellezza sconcertante (non ci crederete ma in foto viene male…).

Un consiglio ai futuri visitatori: conviene assistere alla passerella alla fine del film, c’è meno confusione. I fotografi si scatenano, alla fine della proiezione fotografano le coppie eleganti e passeggiando bisogna evitare le troupes che fanno collegamenti in lingue incomprensibili. Verso le 19 si comincia a sentire musica house a tutto volume, iniziano le cene e le feste in spiaggia, ma quelle dei divi sono negli alberghi o sugli yacht. C’è un’altra proiezione libera, il film sulla spiaggia, una rassegna di film storici. Sabato sera tocca a “E la nave va” di Fellini, io l’ho già visto due volte, lo guardiamo iniziare e torniamo a casa. Scrivendo queste note mi torna in mente quello che è stato l’incontro più incredibile che ho mai fatto nelle mie varie gite al Festival di Cannes, due ragazzi che ci hanno chiesto “ma cosa succede che c’è tutta questa gente?”

* il trend dei desideri: la rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato