di Sandra Berriolo – L’altro giorno mi ferma una signora e mi chiede dove è via Pasubio. Non lo so. Sono di Albenga ma non lo so, come non ho ancora ben chiare piazza Nenni e piazza Berlinguer (saranno vicino a via Che Guevara?). In genere i nomi si raggruppano per genere: i pittori, i letterati, i paesi delle guerre, i comunisti…

Insomma, riesco ad aiutare la signora solo perché mi dice che deve andare al palazzo di vetro. Quello lo so! Perché noi, che ci crediamo di abitare in una città ma ragioniamo da paese, ci orientiamo coi negozi, coi nomi dei palazzi (ma non col loro nome di fantasia, bensì con quello della famiglia che lo ha fatto costruire), e via dicendo. Quindi se un negozio storico chiude, vedi ad esempio Isoleri elettrodomestici, siamo fregati. Perché chi glielo spiega al turista tedesco che quello che cerca non è viale Liguria bensì via Banana, dove c’è Isoleri delle televisioni? Così come non sappiamo il nome dato ad un certo palazzo degli anni 60 o 70 però diciamo ad esempio: di Noberasco.

E allora figuratevi se ci cambiano ogni due anni i sensi di marcia delle vie! Ora, io non entro nel merito se è bene o no farlo per la viabilità. Però, certo ci scompaginano il nostro Tuttocittà interiore. Meno male che l’edicola del semaforo rimane. Ma il semaforo? Oddio! E come faccio a spiegare al torinese che quando arriva al semaforo gira a sinistra e poi… perché per noi “il semaforo” è UNO e indivisibile. Poi negli anni ne hanno messi altri, ma per noi è come se ce ne fosse ancora solo uno. Un giorno dei signori cercavano “i giardini” e non li trovavano. Ho dovuto spiegare loro che C’ERANO ai giardini; però i giardini, ovvero i giardinetti, non ci sono più. Si, perché sempre me beccano per le informazioni i turisti!

* La Nonna del Corsaro Nero: la rubrica Corsara di Sandra Berriolo