di Mary Caridi – Come statue di sale, come attoniti spettatori partecipi di un dramma che non ha avuto l’esito che, in fondo, ognuno di noi si aspettava e  desiderava dal profondo. Il nostro ragazzo, Tommy,  non torna a casa. Come un soldato in terra  straniera, ferito, ma ancora lì, si spera,  con la voglia furente di lottare, perché la sua partita non è ancora finita. Albenga tutta è innocentista. Tutti hanno la consapevolezza che la giustizia quando ti afferra non ti molla facilmente. È così in Italia, ma la magistratura nei suoi gradi di giudizio è una garanzia per gli innocenti,  speriamo che sia così anche  in India.

Ammettere che il sistema ha sbagliato e ha tenuto in carcere un innocente è, forse, troppo difficile,  e chissà se mai ci sarà giustizia, ma in un paese civile deve esistere la possibilità che la legge, se ha sbagliato, poi sappia  riconoscere i propri errori. La morte si è portato via con una crisi respiratoria un giovane, la vita trattiene un italiano come ostaggio e lo condanna all’ergastolo. Non è facile scriverne, non per una madre che solidarizza con un’altra madre che laggiù sa che il suo calvario non è ancora finito e che dovrà trovare in sè tutta forza per non  mollare,  fino a quando non si riporterà a casa il suo ragazzo. Fino a quando la verità non sarà sancita da una nuova sentenza che restituisca l’onore a Tommy.

Se la famiglia della vittima, morta in India ha confermato che il ragazzo soffriva di crisi respiratorie, perchè mai non è stata accolta la verità? Una bruttissima pagina per la giustizia e una giornata nera anche per noi tutti. Per chi lo conosceva e per chi non lo frequentava. Coraggio Euro e Marina! Albenga vi sosterrà sempre.