di Alfredo Sgarlato – Un grande politologo, Giorgio Galli, afferma che per comprendere un’epoca storica dobbiamo esaminare i possibili legami tra due fenomeni dominanti che pure possono sembrare in contrasto. Nel caso particolare degli ultimi tempi Galli sceglie il disincanto verso le ideologie, visto anche come astensione dal voto, e il ritorno all’irrazionale, in particolare sotto forma di ricorso alla magia e alle sette.

Per capire meglio consentitemi un breve excursus storico sulle grandi visioni/narrazioni che hanno guidato l’umanità nel passato. Nel mondo antico, una società di contadini, cacciatori, pescatori, considerava la natura come un tutto unico, di cui Dei, uomini e bestie erano parti. Da cui un approccio alla realtà definibile come Sacro e l’idea di un sapere che gli antenati ci avevano trasmesso e che dovevamo a nostra volta trasmettere, per sapendo che qualcosa sarebbe andato perduto, cioè la nozione di Tradizione.

L’affermarsi di alcuni concetti come quello di Anima, da cui l’unicità dell’individuo, l’idea cristiana del paradiso e poi la rivoluzione industriale e l’imporsi di una società di commercianti porta come ideologia dominante quella del Progresso, ovvero della capacità dell’individuo e della società di migliorare. Questa muta la visione del tempo, non più circolare come le stagioni ma freccia rivolta verso l’avanti e il rapporto con la natura, che possiamo dominare e stravolgere grazie al dominio della Tecnica (con questo corollario terribile: la Tecnica poco a poco sostituisce l’Etica, cioè cosa sappiamo fare diventa più importante di come e perché).

La cultura progressista immagina che l’uomo sia per natura guidato dalla Ragione; gli antilluministi sostengono che una visione solo razionalista delle cose porti al disincanto o addirittura, come afferma il filosofo Peter Sloterdjik, al cinismo. Ovviamente non è stato così, ma se da una parte il potere politico e religioso ha sempre combattuto la scienza ed il popolo l’ha sempre guardata con sospetto, d’altra parte è evidente che in una società basata sul profitto, che porta inevitabilmente al consumismo e, come direbbe Marx, al feticismo delle merci, per la spiritualità non ci sia posto. Per cui al ruolo che fu della religione aspirano le ideologie totalitarie.

Finché non avviene l’avvenimento che fa da spartiacque della storia, ossia l’Olocausto. Parafrasando il filosofo Hans Jonas, non solo non si può credere in Dio dopo Auschwitz, ma nemmeno in qualsiasi altra idea, sia essa Stato, Scienza, Progresso, Tradizione, Popolo, perché nessuna di queste l’ha fermato anzi, alcune ne sono alla fonte. Per cui è inevitabile che dal dopo Olocausto nasca una società dove le ideologie sono guardate con sospetto (ovviamente ci saranno sussulti di idealismo come nel ’68, ma a questo segue il terrorismo, altra pietra tombale sulle ideologie), che la società che il sociologo Bauman chiama “liquida”, quella postmoderna che vive in un eterno presente, non ha più il concetto di autorità (il “padre evaporato”, dice lo psicoanalista Jacques Lacan) e i rapporti di produzione come quelli sentimentali sono precari.

Ciò è anche dovuto alla fondamentale mutazione sociale e antropologica data dal passaggio dal boom dei media “caldi” (TV, videogames), che colpiscono direttamente il cervello emotivo, rispetto a quelli freddi (libri, giornali) mediati dalla razionalità. Cosa succede in un mondo in cui ogni essere umano è una barchetta nella tempesta e cerca di aggrapparsi a qualcosa? È inevitabile che ritorni la ricerca del Sacro. Ma questo non può essere nelle forme della religione tradizionale che conoscevamo. In una società dove la narrazione dominante è il supermarket, dove tutto è a portata di mano, costa poco e scegli la scatola più colorata, in un mondo dove Chaplin vale Alvaro Vitali (il paragone vi sembrerà irriverente ma è perfettamente postmoderno), non si vede perché non si debba scegliere il Cristianesimo invece che il Buddismo o lo Sciamanesimo o la Next Age. Senza contare che le religioni monoteiste hanno come le ideologie i loro scheletri nell’armadio, massimamente il rapporto quantomeno ambiguo col nazifascismo. Ed oggi sono sempre di più i partiti e movimenti che sostituiscono le radici cristiane alla purezza razziale mentre la morale sessuale della Chiesa è incomprensibile ai più.

Infine, possiamo notare come la visione del mondo religiosa, ossia il mondo è perfetto ma l’uomo è peccatore, ma con la Grazia di Dio e l’imitazione di Cristo o dei profeti ci si può salvare, è poco compatibile con la mentalità dominante, mentre lo è molto di più una concezione di tipo gnostico ovvero il mondo è imperfetto, ma l’uomo cercando una forma di conoscenza superiore si può salvare. Quella che si può trovare in una setta, come in un movimento di liberazione psichica, in un sito internet cospirazionista, in un gruppo politico estremista, addirittura in certe comunità pseudoterapeutiche (tutti ambienti simili alle sette, specie se basati sul carisma di un leader). Oppure in forme di spiritualità laica, come l’ecologismo, il volontariato, le “comunità immaginate” tipo i gruppi di facebook.

Certo, che l’amore per uno sconosciuto gruppo rock sia un elemento identitario più forte dell’appartenenza ad una tradizione o una religione o una razza per i comunitaristi come MacIntyre o Veneziani è qualcosa di inconcepibile. Ma nella società supermarket è così.

* il trend dei desideri: la rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato