di Guglielmo Olivero – Come gli appassionati di ciclismo ben sanno (e non è che ne siano entusiasti) il calendario della Fci battezza da questa stagione il Giro della Padania, con prima frazione che interesserà il Ponente Ligure. Qualche osservazione, soltanto per cercare di separare sport e politica dove è possibile, si dovrebbe ben fare su questa manifestazione che naturalmente sarà trasmessa in diretta dalla servile direzione di Raisport (o meglio dire Raiset Sport).

Intanto la fretta con la quale la corsa è stata messa in calendario e approvata, senza se e senza ma, da Renato Di Rocco, presidente nazionale della Fci con trascorsi non proprio da impiegato modello. In un calendario che avrebbe bisogno di una netta sforbiciata (si corre troppo, con gare di serie B inutili e noiose) si aggiunge ancora un’altra competizione e, per giunta, a tappe. Poi i gruppi sportivi, molti dei quali sponsorizzati, che hanno dovuto accettare di prendere parte a questo evento, magari con la paura di qualche problemino in caso contario. Ma il problema centrale è quello, molto grave, di dare un simbolismo politico ad una corsa ciclistica, sapendo che si crea un pericoloso precedente.

Una volta dato l’assenso al Giro della Padania (con maglia verde ovviamente al vincitore) con quale obiezione si potrebbe dire no al Giro delle Provincie Rosse (tra l’altro su strade da classiche), il Giro delle Zone Bianche e via dicendo? Ecco, questo è il problema: una serie di corse etichettate politicamente. Mancherebbe soltanto un Giro dei Giovani Balilla. Ma in fondo, qui, Di Rocco, per accontentarli, potrebbe limitarsi ad istituire, ad ogni corsa nazionale, la maglia nera all’ultimo arrivato.