Critica della Critica

di Alfredo Sgarlato – Giorni fa un’amica mi ha chiesto come si diventa un critico musicale o cinematografico. Io, che peraltro non amo il termine “critico” ma preferisco opinionista (o scribacchino, in onore allo splendido personaggio del capolavoro di Vargas Llosa), ci ho pensato a lungo e quindi risposto: bisogna trovare un editore che ti proponga di farlo. Nel mio caso però posso garantire che alla base c’è un effettiva preparazione in materia e non attrazione sessuale o l’appartenenza ad una setta esoterica o pseudoreligiosa, cosa che non mi sentirei di fare per molti altri. Ora che sapete il segreto, fermo restando che ad Albenga Corsara il posto è già occupato, vi spiego quali errori si devono evitare nel fare il critico. La maggioranza dei critici non riesce ad evitare quattro sindromi:

  1. la sindrome del fanzinaro troppo alternativo, ovvero “parlo bene solo di sconosciuti che conosco solo io”. È difficilissimo non cascarci, e infatti ci caschiamo quasi tutti. È vero che bisogna anche scoprire e far scoprire nuovi talenti, ma quando la mia rivista preferita ha dedicato un articolo in due puntate ad un gruppo che aveva inciso solo un 45 giri ho smesso per dodici anni di leggerla. Quindi occuparsi anche di quelli famosi, facendo però attenzione a non cadere nel punto 4.

  2. La sindrome di Arrigo Sacchi ovvero “gioca solo chi entra nello schema”. Quei giornalisti musicali che sanno tutto su un genere di musica ma solo su uno non possono essere considerati critici. O quei giornalisti cinematografici che odiano l’horror oppure venerano solo l’horror o la commedia e disprezzano il cinema “colto”. Bisogna capire che il mondo non gira intorno a te e soprattutto che i comuni mortali pagano i dischi e film (oddìo, oggi la pirateria impazza…) e se pagano per una ciofeca ci rimangono molto male.

  3. La sindrome di Montanelli ovvero “io canto fuori dal coro”. Se è vero che la verità non esiste (bello questo paradosso, vero?), è anche vero che i canoni che segue la maggior parte dei critici sono giusti. In parole povere, quelli che dicono che i Beatles sono sopravvalutati non sono anticonformisti, sono esibizionisti. Ho detto Beatles ma potevo benissimo dire Kubrick o Fellini o, come impone lo snobismo pret a porter primavera/estate ‘011, i fratelli Coen.

  4. La sindrome del “Foglio”, ovvero sostituire uno snobismo con uno ancora più noioso, tipo quei romanzi francesi dove criticano quegli intellettuali francesi che non conosce nessuno. Tipo la moda di criticare la moda della psicoanalisi (notare che quelli che lo fanno scrivono sempre psicanalisi, alla francese, che però in italiano è scorretto) o quelli che dicono che Franco e Ciccio sono meglio di Woody Allen, che sul singolo film può essere anche vero, ma dichiararlo con convinzione è populismo, il peggiore degli snobismi.

Ma questi sono peccati veniale, il peccato mortale è uno solo: essere noiosi.

* il trend dei desideri: la rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato