Ballando coi cinghiali nel 2011…

di Alfredo Sgarlato – Quest’anno il festival Balla coi Cinghiali (come a Woodstock ma si mangia meglio), giunto alla decima edizione, ha aumentato a quattro le serate. Chi scrive, ed i suoi amici, sentendo l’età avanzare, hanno dovuto scegliere di seguirne solo qualcuna. La prima serata arrivo in tempo per l’esibizione dei Legendary kid combo. Suonano quel misto di country, punk, e musiche dell’Est che sta cominciando a diventare di moda ma dal vivo funziona. Chitarre, banjo, fisarmoniche e il pubblico balla, sia i ragazzini che gli splendidi …enni.

Seguono i Dufresne, che suonano quel rock molto duro che io non amo, quindi mi dedico all’esplorazione. L’area destinata al festival è stata riorganizzata, quindi gli spazi sono molto più ampi, i bagni molti di più (e puliti), il tutto è meno compresso. All’ingresso si trovano molte bancarelle e stand di associazioni culturali, tra cui ricordiamo il Movimento Acqua Bene Comune (la vittoria al referendum è solo il primo passo, non dimentichiamolo!) e animazione per bambini a cura di Anànke, Zippo e Lucilla (ovvero Valentina e Simone) e molti altri. c’è un tendone da circo che fa da bar dove servono ottimi vini ed in mezzo una pista da ballo dove i giovani imitano i Village People. L’ex bocciodromo fa da area chill out molto fricchettona con divani, concerto per didgeridoo (strumento tipico degli aborigeni australiani), che dopo un po’ più che rilassare stressa e mostra d’arte con opere molto interessanti. Io e le mie amiche veniamo anche fotografati mentre le guardiamo, in un inconsapevole remake dell’immortale “Vacanze intelligenti” con Alberto Sordi.

Quindi vado al palco curato dal Raindogs, meritoria organizzazione di Savona, col grande Mazzi al mixer. Mi sono perso i Bancale, di cui il mitico Keller, DJ resident di Balla coi Cinghiali (Gotham family dj set) mi dice un gran bene. Attendevo molto i Lomè, gruppo progressive rock che al Tenco e a Su la testa mi erano piaciuti molto, ma adesso la componente ironico teatrale ha preso troppo il sopravvento e li trovo un po’ inconcludenti. Gli amici la pensano come me e andiamo a sentire i 24 Grana. La loro è una miscela di rock, elettronica e melodia napoletano alla Alma Megretta, non ci convincono fino in fondo e la nostra curiosità è per Giorgio Canali e Rossofuoco. Ma è tardi, l’autista vuole andare a dormire e ripartiamo inappagati.

Saltato il giovedì causa artrite torno al venerdì. Dopo mangiato seguo i Kramers, ragazzi di Genova molto giovani che però conquistano me e i miei coetanei, buffo che i ragazzini che potrebbero essere nostri figli suonino la “musica dei miei tempi”. Basso rotolante, batteria potentemente pestata su tom e timpani, tastiere stridenti alla Devo, cantante brava anche se imita un po’ Bjork ma del resto lo fanno tutte. Simili i successivi Phinx, però più melodici. Bello vedere come ragazzi così giovani siano così professionali. Nel cambio palco abbandono il palco principale e sul palco “Radio Ohm” trovo i Merce Vivo di Torino, più sperimentali, vicini al genere detto “post rock” anch’essi molto giovani, meno scafati dei precedenti ma piacevoli. Sempre nel cosiddetto post rock, con ampi passaggi strumentali molto elaborati sono i Valerian Swing, che suonano sul palco Raindogs, che però trovo più stereotipati e abbandono abbastanza presto. Sul palco principale i francesi Gribitch brothers and sisters. Punk’n’roll molto demenziale. A me annoiano, mentre altri amici apprezzano molto. Quindi il gran finale di serata. Prima MGZ, l’ultimo profeta. È vero che, come dicono alcuni spettatori, il savonese fa lo stesso spettacolo da vent’anni.

Ma io mi diverto sempre e così quelli che come me non riescono a stare fermi e cantano in coro le immortali hit del profeta come “Sopravvivo senza motivo” o “La belva del condominio”, trascinanti technopop con testi falsamente demenziali, mentre MGZ e le sue Buruburugirls cambiano continuamente travestimenti low-cost. Infine Roy Paci e Aretuska, il grande trombettista, cantante e showman che ha suonato coi Mano Negra ed ha conosciuto anche il successo televisivo. Pubblico in delirio con l’irresistibile miscela di reggae, ska, Sudamerica e Sicilia di Roy e co, tutti ottimi musicisti. Impossibile non saltare, mentre tra la folla girano un fenicottero rosa impagliato e una bandiera no tav. “Viva la vida” è dedicata a Peppino Impastato e agli altri eroi assassinati, le covers di “One step beyond” (Madness) e “Redemption song” (Bob Marley) e il gran finale con “Bella Ciao” commuovono e muovono anche i sassi. Al sabato sono troppo stanco per andare e penso alla serata finale dell’anno scorso quando i musicisti li ho solo sentiti da lontano per quanta folla c’era. Chi al contrario di me avrà sfidato stanchezza e folla andando a tutt’e quattro le serata si sarà divertito pazzamente.

1 Commento

  1. Viva la vida , io ero lì e li ho sentiti cantare. che fantastico gruppo. W bardineto e balliamo coi cinghiali…olè

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