Nell’occasione del centenario della nascita dello scultore Agenore Fabbri, morto a Savona nel 1998, l’Associazione “Aiolfi” vuole tributargli un ricordo con la presentazione di suoi disegni a tecnica mista che rappresentano l’ultima parte della sua intensa attività d’artista che molto lo ha legato ad Albisola e Savona dove è presente il suo intenso e drammatico monumento alla Resistenza. A cura di Silvia Bottaro, dal 1° settembre al 30 settembre per il ciclo espositivo “Vetrine d’Artista” presso la Cassa di Risparmio di Savona in Corso Italia saranno esposte le sue opere.

Si era formato prima a Firenze, frequentando il caffè Giubbe Rosse, ritrovo dei poeti ermetici, ma anche di artisti quali Ottone Rosai. Aveva mostrato un precoce interesse per un materiale che a quell’epoca era ancora relegato alla produzione artigianale, quale la terracotta, ma che per Fabbri rappresentava anche un forte rimando alle proprie radici (pensiamo alla tradizione pistoiese dei Della Robbia). Quando viene invitato ad Albisola è di fatto ancora uno sconosciuto, poco più di un giovane di talento, ma presto saprà guadagnarsi la stima non solo di Fillia, Sant’Elia, Diulgheroff, ma anche di Arturo Martini e Lucio Fontana. Dalla seconda guerra mondiale il suo stile ne esce se possibile ancor più indurito e violento. Fabbri è uno scultore interessato non tanto al modellato, quanto alla frattura e alla ferita. È certamente un espressionista, attratto e nello stesso tempo respinto dalla violenza della vita, che traduce in ferite e tagli, senza le allusioni di Fontana, E’, in un certo senso, un artista del popolo, operaio e contadino, profondamente e quasi ossessivamente legato all’idea di un’umanità vessata, abbruttita dal lavoro e dalla coercizione, da una povertà senza nobiltà.

Fabbri si situa indubbiamente tra gli scultori anti-retorici, negato di fatto alla monumentalità, interessato semmai a trattare nello stesso modo uomini e animali, composizioni concettuali e scivolamenti nell’informale: in lui prevale il gesto. Quando si avvicina per la prima volta alla ceramica, Pablo Picasso ha modo di conoscere direttamente i suoi lavori, nel 1947, e definisce non a caso la “Donna del popolo” una scultura “molto attuale”. A partire dagli Anni Cinquanta si trasferisce a Milano, e lavora in maniera sempre più sistematica con ferro e bronzo. Il dramma di strada delle “risse” e le lotte tra animali, lasciano nei decenni successivi il posto a cupe prefigurazioni nelle minacce che incombono sull’umanità, come nella serie degli uccelli atomizzati. È stato intenso incisore, disegnatore e pittore soprattutto nell’ultimo periodo della sua vita.

* Nella Foto: Agenore Fabbri – “Senza titolo”, tecnica mista su carta, cm. 50×35