“Sull'orlo dell'abisso”: in migliaia anche a Savona per lo sciopero del 6 settembre

[fp] – Contro un governo “inaffidabile” che ci ha condotto “sull’orlo dell’abisso” e per contrastare una manovra che peggiora di ora in ora, anche alla luce delle modifiche introdotte dal vertice di palazzo Grazioli, la Cgil è scesa ancora una volta in piazza in occasione dello sciopero generale perché non ha intenzione di “rassegnarsi a volere un paese migliore”. Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, motiva così la decisione del più grande sindacato italiano di scioperare ancora una volta, la quinta per corso d’Italia nel corso di questa legislatura, chiudendo il corteo che ha invaso ieri le strade del centro di Roma, dal palco nei pressi del Colosseo. Solo una delle cento manifestazioni che la Cgil ha promosso lungo tutto il paese, riempiendo le piazze coinvolte e svuotando le fabbriche con uno sciopero generale di otto ore che ha visto il 60% dei lavoratori italiani incrociare le braccia.

In migliaia scesi in piazza Sisto anche a Savona – dove in mattinata si è tenuto un comizio con la partecipazione di Fabrizio Dacrema della Cgil Nazionale – con una forte adesione alla manifestazione che ha un po’ ridimensionato le polemiche dei giorni scorsi; «non tiene più la propaganda che tradizionalmente bolla gli scioperi come “politici”, di una parte contro un’altra», ha dichiarato il Segretario provinciale CGIL Savona Francesco Rossello: «Lo sciopero del 6 parla a tutti coloro che vogliono difendere la sovranità dello Stato e della politica sulla finanza, che credono che un welfare equo e solidale possa essere garantito solo dal sistema pubblico, che vogliono che a pagare siano i miliardari e gli evasori, che credono che un paese dove la metà dei giovani è disoccupata e l’altra metà è precaria non possa considerarsi civile, che non sono disponibili a veder cancellato con un decreto la propria storia e i propri valori . Queste non sono solo idee della CGIL, è un patrimonio che appartiene alla storia di tutto il Sindacato e di tanti altri che pure con la CGIL non c’entrano».

Nel mirino del sindacato in particolare il binomio delle due manovre economiche, quella del 6 luglio e quella del 13 agosto in via di conversione, che sommate produrrebbero una correzione dei conti pubblici senza precedenti “per mole e per iniquità”. Sotto accusa l’intero impianto del provvedimento di ferragosto e, soprattutto, le decisioni assunte in tema di contrattazione con l’articolo 8 significativamente ribattezzato ‘licenziamenti facili’. “Con l’articolo 8 della manovra non si cancella solo l’articolo 18 ma, con l’introduzione del principio della deroga, si cancella tutto lo statuto dei lavoratori”, ha detto il leader della Cgil respingendo al mittente l’aggettivo di “irresponsabili” rivolto al sindacato perché “è irresponsabile chi dentro la crisi introduce un articolo il cui unico scopo è rendere più facili i licenziamenti”. Un provvedimento, ha suggerito Camusso al ministro del Lavoro Sacconi, che va quindi stralciato dal testo definitivo della correzione altrimenti “dimostra di essere il peggior ministro della Repubblica”. Dura poi nei confronti delle contraparti – specie verso Bonanni che dice essere “sull’orlo di una crisi di nervi” – invitate a fare una scelta: o l’articolo 8 o l’accordo del 28 giugno perché “tutte e due non sono possibili”.

Quanto poi all’andamento delle manifestazioni, la Cgil ha deciso di non fornire numeri di piazza per evitare una sterile guerra di cifre ma è stata ben visibile ieri in Italia la presenza dei lavoratori. In centinaia di migliaia hanno invaso le strade di Milano, Venezia, Torino, Genova, Firenze, Bologna, Napoli, Bari, Cagliari, Palermo e altre 90 tra piccoli e grandi comuni. Così come è stata altrettanto visibile la loro assenza dai luoghi di lavoro. Dai dati raccolti dal dipartimento di organizzazione della Cgil, e dal 60% di adesione come media nazionale, spiccano percentuali che vanno dall’80% dello stabilimento Fiat Mirafiori, lo stesso alla ThyssenKrupp di Terni e alla Fincantieri di Monfalcone e di Palermo, mentre allo stabilimento della Marcegaglia di Mantova ad incrociare le braccia è stato il 70% degli addetti.

Caos poi nei trasporti dove le adesioni, ha comunicato la Filt, sono state altissime con dati per il trasporto pubblico locale intorno al 70%. A Roma, Torino e Napoli chiuse le metropolitane e fermi nei depositi il 70% dei bus. Nelle Ferrovie, al netto dei treni garantiti, fermi oltre il 50% dei treni (prevalentemente regionali) mentre negli aeroporti cancellati oltre 200 voli. Ma per corso d’Italia non finisce qui. Camusso, infatti, nell’invitare il governo a togliere al più presto il disturbo, ha annunciato che la mobilitazione della Cgil non si ferma: “Se il Parlamento approverà la manovra così com’e’ noi non ci rassegneremo, saremo nelle piazze, saremo al fianco dei lavoratori, delle Regioni e dei sindaci” perché, ha concluso, “per noi cambiare è possibile”.