La creatura… Squonk

di Maurizio Natoli – Nel 1910 uscì un libro, una sorta di manuale, scritto da un tal William T. Coxe. Si intitolava Fearsome Creatures of the Lumberwoods, with a Few Desert and Mountain Beasts. Tra tutte le singolarità che vi si possono trovare, a proposito di strane e paurose creature (ma che così strane forse non sono) ve n’è una (pag. 31), alla quale sono particolarmente legato e che mi piacerebbe sottoporre alla vostra attenzione.

Questa creatura – ed il suo nome scientifico Lacrimacorpus dissolvens rende abbastanza bene la sua peculiare caratteristica – si dice abiti le impervie foreste primarie del Nord America, quegli immensi organismi vecchi di migliaia di anni, nei quali si deve entrare armati di fede incrollabile e pronti ad affrontare qualunque imprevisto, come d’altronde insegnano i romanzi dei cicli cavallereschi.

Sono luoghi oscuri, popolati di segreti, a volte trafitti da lampi improvvisi di luce che irrompe come dai vetri colorati delle cattedrali, luoghi di culto profondo e carichi di senso del sacro; luoghi antichi, luoghi dell’Anima, ove si svolge costantemente il dramma dell’esistenza, ove continuamente – in mezzo alla Bellezza indifferente – Nascita, Vita, Morte e Dissoluzione celebrano la loro liturgia, senza implicazioni morali.

E di fronte a tanto grande mistero l’uomo non può che fermarsi a contemplare…

Tutto questo fermento vitale a volte si sublima in creature che sfuggono ai normali canoni di classificazione, creature che si manifestano all’uomo – a mio parere – sotto sembianze definite ‘strane’ a causa del goffo tentativo (dell’uomo) di attribuire facoltà e caratteri ‘conosciuti e classificabili’ a cose che invece tendono a sfuggire al trucco della mente ordinatrice.

Così è il nostro amico, la creatura Squonk.

Si dice che sia sempre solo a causa della sua bruttezza, e questo fatto increscioso lo porta a piangere continuamente, cosicché è facile per i cacciatori individuarlo, sia per i gemiti ed i lamenti (che proprio non riesce a reprimere), sia per la vistosa traccia di lacrime che lascia al suo passaggio, traccia che diventa particolarmente visibile nelle fredde notti di luna piena (il professor Philip David Charles Collins, di Chiswick, in una recente nota – 1976 ‘A Trick of the Tail’ – ha aggiunto, assieme alle altre caratteristiche, che il Lacrimacorpus sia vivo alle estremità ma morto al centro, ma probabilmente si tratta di una aggiunta postuma o di una traduzione affrettata).

I cacciatori che lo vogliono catturare, così dice il testo anzi citato ed i racconti tradizionali, hanno due strategie possibili: la prima è quella di imitare il verso dello Squonk, così da indurlo ad avvicinarsi (è molto curioso) ed a cadere nella trappola (di solito un sacco); l’altra è quella di parlargli, e dirgli che si vuole giocare con lui; lo Squonk allora, che ricordiamolo è sempre solo ma soffre moltissimo per questa amara condizione, esce da suo nascondiglio, così si riesce a prenderlo.

Se uno dei due stratagemmi riesce il cacciatore può ritornare a casa con la sua preda, ma potrebbe attenderlo ancora una sorpresa…

Lo stesso autore del manuale (William T. Cox), riferisce di un episodio (che anche il prof. Collins cita  come autentico), capitato al signor J. P. Wentling, della Pennsylvania ma ora residente (all’epoca della stesura del testo, è ovvio) in Minnesota.

A questi accadde, vicino Mont Alto, una strana avventura: imitandone il verso riuscì a stanare la creatura; non appena questa apparve nella radura illuminata dalla luna (spinta evidentemente dalla curiosità) il signor Wentling uscì dal suo nascondiglio, con un balzo le fu addosso, la catturò e la mise in un sacco.

Prese dunque la strada di casa, mentre lo Squonk ricominciava a piangere, evidentemente accortosi che le lusinghe del cacciatore erano appunto tali.

Percorsa però un po’ di strada, il signor Wentling improvvisamente non sentì più i lamenti, e si accorse anche che il sacco, che sino a qualche istante prima era pesante e si agitava a causa del dimenarsi del povero animale, era divenuto leggero, come se fosse vuoto.

Si fermò, sciolse i legacci e guardò dentro: tutto quello che vide fu una pozza di liquido trasparente.

L’animale si era dunque dissolto in lacrime.