di Alfredo Sgarlato – La presenza di uno psicologo sembra ormai doverosa in qualsiasi programma TV, soprattutto quando si parla di sessualità deviante o di atroci delitti (cioè sempre). Ma qual è l’immagine che ne esce fuori? In genere più che con un professionista sembra che si abbia a che fare con un oracolo che sa risolvere ogni quesito, o un mago modernizzato, ma pur sempre detentore di un sapere arcano. Come dice lo psicoanalista Jacques Lacan, egli è il “Soggetto che si Suppone Sappia”, per cui è condannato a sapere tutto, fornendo così diagnosi infallibili su qualsiasi caso clinico. Infrangendo la deontologia professionale che prevede che ci si pronunci solo su casi seguiti personalmente, previo consenso del paziente.

Ma cosa ci farebbe un professionista serio in TV visto che non può dare il responso magico che ci si attende da lui? Parlare di cose interessanti è escluso, destabilizzerebbe il pubblico. La sua figura è in genere presente come “esperto”. Ma gli psicologi che appaiono in TV non sono presenti in nessuna bibliografia citata in testi specializzati; certo, pubblicano una caterva di libri, magari per collane di cui sono i direttori. È possibile che i criteri con cui sono scelti siano il look stravagante (il ciuffo è obbligatorio, meglio ancora i capelli da scienziato pazzo dell’800), l’aspetto fisico, ovviamente le consonanze politiche coi direttori delle reti (questo vale per tutti gli esperti, specialmente gli storici). Il sospetto inevitabile è che in Tv gli psicologi, come gli intellettuali in genere, siano chiamati a fare la figura del “vieni avanti cretino”.

Al cinema va ancora peggio. Lo psicoanalista o psichiatra è quasi sempre più matto dei suoi pazienti, spesso è l’assassino o è sessualmente perverso. Molte volte ha un tragico segreto nel suo passato. Inoltre, benché abbia sempre pochissimi pazienti (unico dato verosimile…) è ricchissimo (caso raro). Quando poi una seduta viene mostrata con intenti seri, si mostra comunque un qualcosa di totalmente diverso dalla realtà che, inevitabilmente, sarebbe noiosissima. Solo in un caso appare una psicoanalisi veritiera, ovviamente in un film di Woody Allen, “Anything else”.

Ci sono però film che sono vere e proprie sedute psicoanalitiche mascherate, come il sottovalutato “Giulietta degli spiriti” di Fellini, dove solo alla fine appare una psicoterapeuta, che pronuncia la risposta (anzi, in corretto termine professionale, la “restituzione”) alla domanda “perché non sono felice?”. Che, per inciso, nel precedente “8 e ½” un cardinale non sa dare. E di questo, a nome di tutta la categoria, ringrazio Fellini.

* il trend dei desideri: la rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato