di Alfredo Sgarlato – Italiani cincali! Così erano apostrofati gli emigrati italiani in Svizzera dai locali, ci racconta Mario Perrotta nel monologo così intitolato. Il personaggio narrante pensa sia un complimento, poi scopre che quel “cincali” vuol dire zingari, che vengono a rubare il lavoro. Avevo già visto Mario Perrotta in “Odissea”, spettacolo in cui rivede il mito di Ulisse dal punto di vista di Telemaco, immaginato come un ragazzino italiano del sud. Quel lavoro mi era piaciuto moltissimo e quindi ero assolutamente motivato a vedere “Italiani cincali!”.

La bravura di Perrotta come autore – qui assieme a Nicola Bonazzi – e interprete è pienamente confermata dalla sua performance ieri sera ad Albenga sul palco dell’Ambra. Perrotta entra ed esce dai personaggi alternando i momenti più comici a quelli pieni di pathos. Inizia con un passo autobiografico, rievocando quando bambino andava da Lecce a Bergamo in treno a trovare il padre, studiava i volti degli emigranti e intanto li intratteneva raccontando storie. Quindi interpreta Pinuccio, il postino del paese, che essendo l’unico che legge e scrive perfettamente ne è la memoria storica. Pinuccio parte alla lontana, rievocando la lunga storia di miseria e dominazioni subita dal Salento per poi raccontare l’emigrazione in Belgio e il lavoro in miniera. Perrotta ridiventa sé stesso quando affronta i momenti più tragici dell’odissea degli italiani: le vere condizioni del lavoro e i molti morti, bollati dalla stampa di destra come invenzione di cronisti fantasiosi, fino alla tragedia di Marcinelle.

La recitazione di Perrotta è perfetta, senza abusare di artifici o di cadenze artefatte, risultando molto naturale. Nelle storia emergono molti personaggi. come Michele, il migliore amico del narratore, che non tornerà mai a casa e Donna Natalia, la più bella del paese, moglie di Michele che sarà sempre legata a Pinuccio da un amore platonico. Scenografia scarnissima e niente musica in scena, solo un paio di canzoni di sottofondo nel finale. Perrotta, applaudito a scena aperta chiude chiedendosi come mai chi è stato emigrante possa diventare razzista. La risposta l’ha avuta da un giovane tunisino: chi è stato schiavo quando ha la libertà vuole far schiavi gli altri.

Italiani cincali!” è la prima parte di una trilogia che Kronoteatro, che ringrazio a nome di tutta la platea dell’Ambra ieri sera gremito, adesso è obbligato a farci vedere per intero. Quindi spero che la tv, ora che ci sono circa duecento canali, scopra che il teatro italiano è vivo e vegeto e mandi in onda questo spettacolo o quelli che abbiamo visto nelle rassegne precedenti, per chi avesse avuto la malasorte di perderli. Prossimo appuntamento per la Kronostagione 2011-12, il 27 gennaio con “Amleto a pranzo e a cena”, con Oscar De Summa: una rivisitazione brillante dell’immortale classico che sarà senz’altro imperdibile.