di Franco Astengo – Cambiare la politica, instaurare l’uguaglianza tra uomini e donne, inventare una nuova forma di governo, fare partecipare i cittadini: parole ripetute fino alla saturazione, al punto di sembrare prive di senso. Queste parole d’ordine, però, furono a lungo sostenute dalle forze del movimento operaio: nel 1871, il popolo parigino insorto ha dato loro un significato concreto. In questo modo, nell’ultima pagina, l’edizione italiana di “Le Monde diplomatique” ricorda la Comune di Parigi nel 140° anniversario. Un anniversario risultato nell’Italia impegnata nelle celebrazioni del 150° anniversario della sua unità pressoché dimenticato.

Un bell’articolo di Christophe Voilliot rende conto delle celebrazioni predisposte dal Comune di Parigi e analizza i passaggi centrali di quell’esperienza storica, soprattutto sotto l’aspetto della capacità di governo dimostrata dalla classe operaia della capitale francese, sia dal punto di vista istituzionale, del rapporto tra eletti ed elettori, dell’inclusione “politica” degli stranieri, del ruolo delle donne al riguardo del quale ricorda come l’Unione delle donne per la difesa di Parigi, scrivesse come la distinzione di genere fosse stata “creata e mantenuta dal bisogno di antagonismo su cui si fondano i privilegi delle classi che governano”.

L’articolo di Voilliot esamina anche il decreto che separava Stato e Chiesa, esponendo nel modo più netto il principio dell’istruzione laica, gratuita, obbligatoria definita come “la base dell’uguaglianza sociale”; il governo del mondo delle arti da parte degli artisti; la vera e propria rivoluzione sociale nell’ambito dell’organizzazione del lavoro con la formula dell’associazione dei lavoratori come principio dell’organizzazione della produzione, senza mettere in discussione la proprietà privata ma perseguendo l’obiettivo di porre fine allo sfruttamento degli operai attraverso la partecipazione collettiva alle attività economiche.

La Comune si occupò anche di giustizia, sopprimendo la venalità delle cariche e istituendo il principio di gratuità della giustizia per tutti, anche nel compimento degli atti di competenza dei notai e prevedendo l’elezione dei magistrati a suffragio universale.

Tutto questo al di là delle misure d’urgenza rese necessarie dalla precarietà delle condizioni economiche e sanitarie in una Parigi stretta d’assedio: distribuzione dei buoni pane, aperture di forni economici e “marmitte” per nutrire la popolazione, divieto degli sfratti, rimessa generale degli affitti dovuti dopo il mese di Ottobre 1870, liquidazione del Monte di Pietà, prolungamento della moratoria sulle cambiali commerciali per evitare il fallimento dei negozianti impossibilitati a onorare i propri debiti.

Marx, va ricordato, si rifarà esplicitamente alle idee della Comune solo dopo la sua sconfitta: allora vi vedrà l’esempio di un eroico assalto al cielo proletario, il primo tentativo di distruzione dello Stato e di formazione di una nuova macchina amministrativa saldamente in mano al proletariato in armi.

L’indirizzo del consiglio generale dal titolo “La guerra civile in Francia” (brochure pubblicata a Londra il 13 Giugno) viene considerata, probabilmente a torto, il documento più probante di quel tormentato teorema che, a posteriori, è stato definito “dottrina marxista dello Stato”.

Il miglior commento alla tragica vicenda della Comune di Parigi rimane, comunque, quello di Victor Hugo, citato anche da Voilliot, nel suo articolo: “Il cadavere è a terra, ma l’idea è in piedi”. Ecco: proprio perché l’idea deve rimanere in piedi è il caso di ricordare, anche in Italia, quel fondamentale passaggio storico dando conto della capacità del proletario parigino di governarsi ben oltre l’emergenza di un assedio, lasciando un segno indelebile nella storia della lotta di classe.

* Franco Astengo – Savona, politologo