LA DENUNCIA DELLA MAGLIA NERA

di Guglielmo Olivero – Bruno Zanoni, ex corridore professionistico e factotum per molti anni del Trofeo Laigueglia, è ricordato dagli appassionati del ciclismo per aver indossato, al Giro d’Italia, la maglia nera, riservata all’ultimo della classifica. Altri tempi nei quali si accettava anche senza paura questo ruolo e dove il doping non imperava come adesso. E della lotta al doping Zanoni ha fatto il suo cavallo di battaglia dopo aver visto personalmente come, in questo ambiente, purtroppo le sostanze vietate vanno di moda, soprattutto negli Amatori. Quella che riportiamo di seguito è la lettera che Zanoni, per gli amici di Albengacorsara, ha voluto scrivere e che pubblichiamo integralmente, con la speranza di sollevare un dibattito: “Non riesco a capire quanto ci sia di tragico e nel contempo di ridicolo nell’ormai deludente mondo delle due ruote. L’elemento più triste, e in questo la tragedia, sta nel constatare che il virus che lentamente ma inesorabilmente sta minando sino alle fondamenta questo sport non soltanto non regredisce ma è sempre più vivo e virulento. Sto parlando del doping, sto parlando di un tumore. I casi si moltiplicano, le notizie di <atleti del nulla> riscontrati positivi sono all’ordine del giorno e, fenomeno ancora più grave, in maniera rilevante nel mondo amatoriale. Suona splendida la parola <amatoriale> che un comune dizionario la definisce così: <che riguarda gli amatori, i dilettanti, gli appassionati di una determinata attività che non la praticano a fini di lucro”.

Ed è qui che scatta il senso del comico e del ridicolo a cui accennavo. Nel guardare una gara sembra di assistere ad un esilarante spettacolo circense con le sue regole ed i suoi protagonisti. Il primo è lui: il regista, ossia il presidente di società, il primo che della parola amatoriale non capisce neppure il suo significato. Spende di suo, tira fuori dei soldi, paga sonori stipendi a presunti atleti che possono gratificare il suo infinito narcisosmo. Gioisce di vittorie finte che non hanno nulla di bello e tantomeno di sportivo. Il secondo attore è il capocomico, ossia il direttore sportivo, quello che tutto pretende. Vuole sempre i suoi atleti nella griglia di partenza più importante, esige l’ammiraglia in corsa. Le sue pretese derivano dalla convinzione che la sua squadra renda la manifestazione più prestigiosa ed importante. Non sa, o peggio fa finta di non sapere che nella realtà le gare le sta uccidendo. Ed infine il terzo protagonista, il comico per eccellenza, il corridore. L’atleta dopato. Non è diffiicile riconoscerlo. Ha muscoli, prestazioni sportive, cambi di ritmo presi in prestito da qualche multinazionale farmaceutica. Nei giochi di carte lo chiamano il baro, in banca il rapinatore. Ma c’è un sistema infallibile per riconoscerlo. Nella vita fa cose che non può fare, nel ciclismo vince gare che non sa vincere. E’da queste Bande Bassotti che il ciclismo si deve liberare per riprendersi la dignità e la trasparenza che gli spettano e li competono. Non mi stancherò mai di sostenere che la prima cosa da fare è quella di rendere obbligatorio l’uso dell’antidoping in ogni manifestazione amatoriale. Abbiamo tutti voglia di ridere, di sano divertimento, di vittorie vere, di ciclismo. Bruno Zanoni.>. Che aggiungere se non una riflessione che riguarda questo sport che non merita di essere rovinato da macchiette e attori di seconda mano.

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