di Franco Astengo – “Ruba, compagno, ruba”: “La Repubblica” titolò così il reportage savonese firmato da Giorgio Bocca, negli intensi giorni dell’arresto di Alberto Teardo e della sua banda: il caso clamoroso di intreccio tra “questione politica e questione morale” che, se fosse stato lucidamente individuato all’epoca (giugno 1983) dalle forze politiche, avrebbe sicuramente anticipato la “Tangentopoli” di dieci anni dopo. Bocca, in quell’occasione, dimostrò tutta la sua lucidità nell’intrecciare la capacità nella descrizione giornalistica con l’idea di fondo dell’agire “etico”. Un agire “etico” che gli derivava dalla sua formazione partigiana, nelle fila di “Giustizia e LIbertà” e dal suo essere discepolo diretto di Duccio Galimberti.

Oggi, nel giorno della sua scomparsa, molti ricordano il tratto peculiare che ha accompagnato la sua vita: essere stato “partigiano sempre”. Il più bel ricordo di Bocca, giornalista, scrittore tra i più grandi della storia recente d’Italia, è stato proprio questo: considerarlo nella nostra memoria sempre legato allo spirito e alle idee che animarono la Resistenza Italiana.

* Franco Astengo – Savona, politologo