Io non sono un autarchico ma… (Rock italiano 2011)

di Alfredo Sgarlato – Negli ultimi anni la linea più interessante della musica italiana è quella di quei cantautori o gruppi che, partiti dalla new wave e dal rock alternativo (termine che odio), si sono contaminati col cantautorato classico (paradossalmente più quello degli anni ’60, più melodico, che quello successivo) e col folk. Il più bel disco italiano che ho sentito quest’anno è senz’altro “Hermann” di Paolo Benvegnù. Non raggiunge le vette del precedente “Le labbra”, ma è un disco assolutamente molto sopra la media. Non è un disco facile, le melodie e i suoni sono aspri, ci vogliono più ascolti per innamorarsene, ma è un disco che cresce in continuazione.

Nel caso di Benvegnù la definizione di cantautore calza soprattutto per i testi, etici e visionari, ma musicalmente siamo in territorio rock. Ho visto Benvegnù al Tenco e l’ho trovato un po’ intimidito dalla platea illustre, mentre anni fa a Loano aveva fornito un concerto straordinario, rivelandosi anche molto simpatico. La definizione cantautore va stretta anche a Mauro Ermanno Giovanardi. Coi suoi La Crus si può dire che sia l’iniziatore del filone che vi sto presentando, ma il suo punto di forza, ancora più che la capacità di scrivere belle canzoni (“Come ogni volta” è uno dei vertici del rock italiano) e quella di saperle interpretare in maniera straordinaria, come ben sa chi ha visto il suo bellissimo concerto al teatro Ambra nella seconda serata di Su la Testa. Il suo nuovo disco “Ho sognato troppo l’altra notte” è una bella rassegna di canzoni stile anni ’60.

Per restare tra le rivelazioni di Su la Testa mi è piaciuto molto “Colonna sonora originale” primo disco di Dellera, alias Roberto Dell’Era, bassista degli Afterhours. La sua “Ami lei o ami me” è la più bella canzone del 2011. Attenzione però: dimenticate l’esibizione dell’Ambra, elettrica e psichedelica. Il disco è soffice, dolcemente pop, ha sì umori barrettiani, ma anche sudamericani. Altro gran bel disco è “Sette pietre per tenere il diavolo a bada” di Cesare Basile, già leader di Micevice e Quartered Shadows. In questo lavoro il catanese Basile mescola un folk rock oscuro e maledetto (Nick Cave fa capolino dietro l’angolo) con le suggestioni della sua terra. Ho apprezzato molto la sua esibizione al Tenco, spero di riuscire a rivederlo con più tempo a sua disposizione e magari una band alle spalle, visto che gli arrangiamenti del disco sono molto raffinati.

Mi ha piuttosto deluso invece il nuovo album di Dente (Giuseppe Peveri) “Io tra di noi”. Non è brutto ma melodie e testi non sono incisivi come nel precedente “L’amore non è bello”. Non mi ha convinto neppure “La riproduzione dei fiori” di Marco Parente, piuttosto noioso, che pure la critica ha incensato. Su un piano strettamente rock si confermano ad alto livello gli A toys orchestra (che cantano in inglese) con “Midnight revolution”, un gruppo che può competere, superandole, con tutte le novità straniere strombazzate dalle fanzines. Navigando nell’underground delle piccole etichette e delle autoproduzioni poi si trovano molti altri nomi validi, come Valentina Gravili, Simona Gretchen, A Classic Education, Atari, Le Gorille…

Insomma, la musica italiana non se la passa male. Basta avere curiosità di cercare i nomi nuovi e non fossilizzarsi sui dinosauri. Quindi aprite You Tube e mettetevi a caccia! E poi comprate i dischi.

* il trend dei desideri: la rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato

1 Commento

  1. “Colonna sonora originale” di Dellera è un disco stupendo,come non ne ascoltavo da tempo.Non mi stanco mai di ascoltarlo.

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