di Guglielmo Olivero – Cinque anni di squalifica al giocatore Zefi del Varazze che domenica scorsa, al termine della partita contro la Dianese, si è scagliato contro un giocatore della compagine imperiese usando poi (ma qui le versioni sono diverse) delle forbici con l’intento di ferire un altro giocatore.  L’episodio è l’ultimo di una serie che, domenica dopo domenica, si ripeteno nei campionati regionali (dall’Eccellenza alla Terza Categoria) e che purtroppo coinvolgono anche i settori giovanili.

Fermiamoci un attimo a leggere la sentenza del giudice sportivo relativo a Zefi perchè c’è un passaggio chiave dal quale partire ed è quello nel quale si legge che lo stesso giocatore, nel corso di una lunga carriera nei tornei regionali, non è mai incorso in una squalifica. Facile dunque pensare che ci sia stata una molla che abbia portato a quei gesti indifendibili. I dirigenti del Varazze, che vogliono vederci chiaro e hanno dunque deciso di fare ricorso ricordano come il giocatore, durante tutta la partita, sia stato bersaglio di aggressioni verbali, anche per la sua cittadinanza albanese. Intendiamoci, lui ha replicato, già sul campo e non ci sono scusanti.

Ma è da qui che bisogna partire per chi, come tanti di noi, intende il calcio, e lo sport in generale, una palestra di regole, di comportamenti, di responsabilità. Si fa sport per crescere, per frenare le pulsioni, per conoscere gli altri, anche se non del tuo stesso Paese. Domenica dopo domenica (e se volete andate nei campi dove si gioca) nei novanta minuti si sentono insulti e bestemmie che fanno rabbrividire. Se la lite è tra giocatori italiani si ricorda il mestiere della mamma (con evoluzione della pariola, da troia ad escort) e magari alcuni tendenze erotiche. Se il giocatore è di colore non manca mai l’odioso <negro di merda> che cambia poi a seconda dell’etnia del giocatore. E poi calci, sputi, risse, una zona franca nel nome del calcio in cui tutto è concesso, anche regolare conti personali.

È questo il calcio che vogliamo portare avanti signor Sonno, presidente del calcio regionale? Vogliamo andare avanti così signor Iannece, presidente del calcio savonese? Lo dico perchè conosco questi due dirigenti, capaci, professionali e purtroppo impotenti. Prendiamo spunto da quanto accaduto domenica e fissiamo delle regole, che tra l’altro ci sono già: un direttore di gara ha il potere di sospendere la gara quando ci sono offese razziste, anche da parte del pubblico. Ha il potere di fermare una partita quando si verificano risse. Il calcio regionale, o minore, può dare una lezione a quello più grande: una dimostrazione di serietà, di pulizia, dove al calcio (si presume che nei dilettanti non si deve guadagnare, no?) si gioca per passione, per svago, per l’amore della propria maglia, della propria città.  Mettiamole in atto subito queste regole: costruiamo un calcio nuovo dove il giudice sportivo, mettendosi a giudicare, abbia poco lavoro da svolgere.