di Alfredo Sgarlato – Quando da ragazzino andai per la prima volta a teatro fu un tale shock-positivo- che per anni non potei andarci più, perché potevo solo peggiorare. Avevo visto “Macbeth”, nella versione di Carmelo Bene. L’attore e regista pugliese (era nato a Campi Salentina il primo settembre 1937) aveva sintetizzato e scomposto il testo, interpretando tutti i personaggi tranne Lady Macbeth, interpretata da Susanna Javicoli, che io ricordavo presentatrice di un programma sul rock progressivo e tipica bellezza anni’70 e ritrovavo trasformata in un imponente matrona (eppure si spogliava completamente). Bene in scena faceva di tutto, alterava la voce col microfono fino a renderla incomprensibile, vomitava persino.

Molti furono spaventati o disgustati, io fui ammaliato. Del resto conoscevo già Bene, la RAI (altri tempi…) aveva trasmesso una special intitolato: “Bene! Quattro modi di morire in versi” in cui l’attore recitava Majakovskij, Esenin, Blok e Pasternak. Di lui mi aveva colpito la voce, particolarissima, un po’ nasale, e il modo personalissimo in cui dava il ritmo ai testi. Bene negli anni ’60 inizia a fare teatro nelle cantine insieme a Tonino Conte malgrado il tentativo del padre di farlo internare e della polizia di arrestarlo. Negli anni ’70 è una star di prima grandezza ed è considerato tra i maestri del teatro d’avanguardia. Si dà anche al cinema, pur dicendo di odiarlo, come del resto qualsiasi altra cosa escluso il calcio inglese. Qualche ruolo da attore, per esempio in “Edipo Re” di Pasolini e poi alcune regie, quattro cortometraggi e cinque lungometraggi. Il cinema di Bene è folle, barocco, con un uso straordinario del colore e della musica, spesso in funzione straniante, ed un singolare senso dell’umorismo.

Per chi non conosca i suoi film consiglio di iniziare da “Salomè” (1972) il più accessibile sebbene forse il più bizzarro. Salomè è interpretata da una modella africana, Donyale Luna, che recita malissimo e chiaramente non capisce quello che sta dicendo, Giovanni Battista è un vecchietto vestito da giocatore del Napoli, la danza dei sette veli è accompagnata dalla canzone “Abat Jour”, la stessa dello spogliarello di Sofia Loren davanti a Mastroianni. Molti artisti dividono il pubblico in due, nessuno più di Carmelo Bene. Chi lo considera uno dei massimi genìì italiani, chi l’unico (si sa, siamo il paese dell’eterno derby Mazzola-Rivera), chi l’avrebbe volentieri ammazzato. Bene non era quel che si dice “una bella persona”. Alcoolista, violento, supponente, provocatore. Diceva di essere apparso alla Madonna e c’era chi lo prendeva sul serio. Però genio lo era, non ci piove. Originale, come lui nessuno.

Impossibile schedarlo politicamente, ma era antifascista, sia chiaro. Negli ultimi anni di carriera divenne ospite fisso al Costanzo show e tra pseudointellettuali narcisi e soubrettine isteriche appariva come un vero gigante. Morì il 16 marzo 2002. Ci manca? No, nell’era di You Tube si trovano ore e ore di suo materiale, sia benedetta la Rete

P.S. Per la cronaca anche Susanna Javicoli, apparsi in vari film tra cui “Suspiria”, “Ecce Bombo” e “L’ultimo bacio” è mancata il 17 giugno 2005 a soli cinquant’anni.

* il trend dei desideri: la rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato