di Guglielmo Olivero –  La storia della televisione italiana che qui raccontiamo (frutto di un lungo lavoro dello scriba esposto all’Università di Genova) parte dal 13 giugno 1981, giorno della tragedia di Vermicino nella quale mori, nel findo di un pozzo, il povero Alfredino Rampi. Quella data segna anche la morte della “miglior televisione” con la quale erano cresciuti milioni di italiani. Una televisione intelligente, con varietà che duravano un’ora, Tg che davano addirittura le notizie, film a cicli presentati al lunedi e mercoledì, ottima prosa al venerdì. Programmi come il “Grande Fratello” sarebbero stati, a quel tempo, bocciati con gli autori messi in prigione, sperando di perdere la chiave.

Ma torniamo a quel giorno: perché il 13 giugno del 1981 con la diretta fiume, oltre 50 ore proposta dal Tg1 e Tg2 (erano i soli sulla piazza) segnarono il debutto della TV del dolore. Un’agonia esposta per ore, con il totale annullamento della programmazione, fatta salva una “Tribuna Politica” che in quegli anni andava in onda a reti unificate.  Una scelta sbagliata perché non si ebbe il coraggio di dare a quella notizia, per quanto tragica, il suo peso reale equivalente a una trentina di righe su un quotidiano.

Non si ebbe il coraggio di staccare la spina e a dare a quella notizia lo spazio all’interno di un Tg. Si andò fino alla fine e a pagare fu il direttore del Tg2 Ugo Zatterin (in realtà quella rimozione fu un pretesto per assegnare la testata al Psi). Sono passati oltre trent’anni da quell’evento che fece nascere la Tv del dolore mettendo fine a quella televisione innocente con la quale le generazioni erano state informate ed educate.

 * Dadaumpa!, rubrica Corsara di Guglielmo Olivero