di Alfredo Sgarlato – Caso o destino ha voluto che due grandi del rock, legati da amicizia e rivalità, Lou Reed e John Cale, nascessero a pochi giorni e a molti chilometri di distanza. A New York il 2 marzo Lewis Allan Reed, il 9 a Garnant nel Galles Cale. Il gallese racconta di avere avuto un’infanzia felice, in campagna con una famiglia affettuosa e un precoce talento per la musica. Soffriva d’asma e le medicine che prendeva lo portavano in stati lisergici. Lou non era capito dai familiari, voleva diventare poeta e subì ventiquattro elettroshock.

John Cale si recò giovanissimo a New York per studiare la musica d’avanguardia che amava (odiava invece il rock’n’roll) e studiò il minimalismo e le musiche orientali con John Cage, LaMonte Young e il Pandit Prah Nat. Un giorno lesse uno strano annuncio di lavoro: cercavano giovani coi capelli lunghi per apparire sulle copertine di 45 giri destinati ai juke box. Si recò alla casa discografica e conobbe uno studente che sbarcava il lunario componendo canzonette ricalcate sui successi dell’epoca. Si trovarono simpatici e lo studente gli fece sentire le canzoni che scriveva per passione e che pensava nessuno avrebbe mai osato pubblicare. Cale trovò che quella musica era la più bella che avesse mai sentito.

John e Lou fondarono i Velvet Underground, con un altro studente, Sterling Morrison e una ragazza, Maureen Moe Tucker, che faceva usare loro l’amplificatore di suo fratello a patto che le facessero suonare la batteria. I Velvet Underground (nome preso da una rivista porno) venivano cacciati da tutti i locali dove suonavano. Successe allora che il geniale artista e stylemaker Andy Warhol decidesse che quello era il momento giusto per produrre una rock band. Scartato l’amico Dylan, all’epoca troppo tossico, mandò il fidato Paul Morrissey per locali a cercare quella giusta. Morrissey scelse i Velvet perché, all’opposto dei Beatles, erano molto brutti.

Warhol impose al gruppo la bellissima modella e attrice felliniana Nico, ma questo portò tensioni. Il primo album dei V.U. vendette poche copie, oggi è uno dei candidati al titolo di più bel disco nella storia del rock. Cale e Reed cominciarono a non sopportarsi e il gallese dopo il secondo album scappò via. In seguito i due commenteranno che una sola band era troppo piccola per due musicisti così grandi. Lou e John avranno due splendide carriere soliste (e anche Nico, morta nell’88 dopo una caduta in bicicletta).

Di Lou Reed i maligni dicono che ha scritto sempre la stessa canzone. Forse è vero, eppure nessun suo disco è in assoluto brutto o noioso, e c’è sempre la canzone indimenticabile. Cale è molto meno noto e la sua carriera più ondivaga, ma molti suoi dischi sono capolavori che non dovrebbero mancare in nessuna collezione. “The academy in peril”(1972), quasi musica neoclassica; “Paris 1919”(1973) ballate acustiche e malinconiche; “Fear”(1974) e “Sabotage”(1979) rock duro eppure raffinato; “Hony soit”(1981) melodico e struggente; “Music for a new society”(1982), il più personale e strano.

Nel ’90 alla morte di Warhol Reed e Cale fanno pace e incidono un nuovo, ottimo album insieme, “Songs for Drella”, sorta di requiem per il loro mecenate. Riformano i Velvet e litigano subito. Cale nel 2005 ha ricevuto il Premio Tenco ma non ha potuto esibirsi per una banale influenza; suonerà il prossimo 17 a Torino. C’è un verso di Lou Reed a cui sono molto legato: parla di Jenny, una bambina malata che ascolta la radio e “la sua vita è salvata dal rock’n’roll”. Ecco, tutti noi siamo Jenny. Grazie Lou e John.

* il trend dei desideri: la rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato