di Alfredo Sgarlato – Una bella serata di jazz sabato all’auditorium San Carlo di Albenga. Il quartetto franco-ligure guidato dal cantante e chitarrista Pierre Palvair, con Alessandro Collina al pianoforte, Marc Peillon al contrabbasso e Rodolfo Cervetto alla batteria, ha rallegrato la serata per i non numerosi ma calorosi e competenti spettatori che hanno scelto di dedicare la serata alla buona musica e non alla tv.

Palvair ricorda nel timbro vocale – e anche nei lineamenti – il grande Henry Salvador, più che al canto scat, ricorre allo stile in cui il cantante improvvisa sulla melodia, modificandola, allungando le note, interpretando in maniera personalizzata il tema. Già nell’iniziale I’ve got you under my skin, omaggio a Cole Porter, di cui il gruppo dà anche un’ottima interpretazione latineggiante di So in love, Palvair mostra come un vero cantante jazz reinventa in modo nuovo un tema ascoltato mille volte.

Il cantante francese è proprio agio sia nelle ballads sia nei temi swinganti come Seven steps to Heaven, come chitarrista ha uno stile fluido e veloce. Ottimi i collaboratori: Collina, pianista fantasioso che mi piace soprattutto quando improvvisa con stile percussivo, Peillon contrabbassista di grande tecnica e bel tocco e Cervetto, batterista che non si impone sugli altri ma asseconda l’interplay con un drumming arioso. Nel bis il quartetto esce dagli standards per cimentarsi con Stevie Wonder e Crosby Still e Nash.

Un bel concerto, il pubblico ha richiamato più volte gli artisti sul palco. E ora le note dolenti: l’acustica del San Carlo è pessima, la perizia del tecnico del suono Emanuele Gianeri ha salvato la situazione, ma è un peccato che una città come Albenga non abbia una sala adatta ad accogliere musicisti di valore.