Corti d’autore all’Overlook Film Festival 2012 (III)

di Ambra Parodi – (Spotorno 19/20 Agosto). È il gesto più comune e consueto che si compie ogni mattina. A volte terribilmente faticoso, altre volte sereno e piacevole. Si abbandona una realtà, quella dei sogni, per un’altra, la vita. Ma non sempre il risveglio corrisponde al semplice alzarsi dal letto e smettere di sognare. Ci sono risvegli che ti scuotono nella vita stessa e soverchiano il tuo mondo, anche nei suoi punti fermi, come la famiglia.

Le dolorose, ironiche, grottesche prese di coscienza all’interno di diversi nuclei familiari è stato il tema della serata di ieri dell’Overlook Film Festival a Spotorno. I corti in concorso della sezione “Blood Ties – Legami di sangue”, hanno svelato la controversa natura dei rapporti familiari e gli imprevedibili sviluppi.

Tennis, di Vladimir Dembinski, ha portato in scena il classico dissidio padre-figlio, quando un genitore non trova soddisfatte le proprie aspettative e si ostina a non vedere il disagio e la sofferenza, che può diventare anche fisica, del proprio bambino. Un racconto semplice, lineare, con una fotografia in bianco e nero, perché storia senza tempo: un padre che accompagna il figlio ad una partita di tennis – una semplice amichevole – e che si aspetta che vinca e che dimostri al mondo il proprio valore.

Molti dei corti in visione ieri sera altresì hanno mostrato come l’album dei ricordi, che spesso teniamo in casa a testimonianza degli affetti, sia privo di veridicità. La fotografia non documenta, non testimonia. Mente, propone una realtà fittizia: come la vorrebbe il soggetto ripreso oppure come la vorrebbe l’occhio che guarda attraverso l’obiettivo. Trovato l’inganno, trovato “ il risveglio”.

Come per la protagonista de La casa di Ester, di Stefano chiodini, che scartabellando tra gli oggetti ricordo della madre, trova alcune foto in cui la donna era ritratta sorridente. “Eppure non sorrideva mai” commenta Ester (interpretata da una bravissima Cecilia Dazzi) che, continuando la ricerca tra i ricordi della madre e i suoi di bambina, capisce quanto ha in comune con la donna: il dolore e l’incapacità di ribellarsi a un marito violento.

In Ainult meie kolm (Solo noi tre) di Gianpietro Balia, film di produzione estone e italiana, è proprio un dei personaggi a mostrare il potere di creazione della realtà di una macchina fotografica. “Puoi usare questa per vedere le cose come vuoi”. E come mente lo strumento che il personaggio di Regina dona alla giovane Liisu, così mente lei. Questo corto racconta infatti la storia di una donna , Regina, che irrompe nella vita di due ragazzini poco dopo la morte del loro padre, svelando di essere la loro madre biologica. Fratello e sorella si ritrovano così ad aver vissuto una vita di menzogne e tentano di capire chi sia ancora meritevole della loro fiducia.

Il risveglio in Papà, invece, film di Emanuele Palamara, avviene proprio grazie all’album tenuto in casa dal protagonista. Le foto del Dott. Rocca, scattate ogni Natale, sono la dimostrazione dell’assurda ed erronea situazione in cui si trova un vecchio barbone, che di punto in bianco è il padre ritrovato di un uomo ricco, giovane ma infinitamente solo.

E ancora in Lost Picture, di Marisol Ortiz (Danimarca), le foto sono al centro della narrazione. Sono il ricordo nostalgico di quello che forse è stato ma non può più essere, l’ultimo appiglio a cui la giovane protagonista si aggrappa per far restare a galla la propria relazione. Questo è un corto che porta in scena la difficoltà dei giovani d’oggi a trovare stabilità, un lavoro e a gestire l’incertezza del futuro.

Infine, restando nei climi freddi della scandinavia, parliamo di due pellicole molto interessanti, Sirocco, Mikko Kuparinen (Finlandia) e di Tuba Atlantic Hallvar Witzø (Norvegia). Pregio di queste due storie è l’affermare al contempo che i legami di sangue non risentono del tempo e della distanza, ma soprattutto che l’affetto profondo e un rapporto familiare possano nascere a prescindere dalla parentela. Infatti Sirocco, un corto quasi privo di dialogo, racconta la nascita di un nuova famiglia: una ragazza timida e isolata che trova un neonato abbandonato, che lo accudisce,che capisce di voler esserne la madre e soprattutto che comprende che quella piccola creatura è in grado di darle più amore di quanto possa fare un uomo.

Invece Tuba Atlantic, storia di un uomo anziano a cui restano solo 6 giorni di vita, è la dimostrazione che ciò sembra impossibile è possibile – comunicare con l’altra parte del mondo attraverso un enorme megafono come ricucire un rapporto fraterno distrutto da vent’anni – e che i sogni infantili sono un toccasana a qualsiasi età. Questo film, inoltre, trova il suo punto di forza nella caratterizzazione dei personaggi, nella la forza espressiva di un uomo anziano cinico e misantropo contrapposta alla dolcezza e alla stupida ingenuità di una ragazzina che lo accompagna nei suoi ultimi giorni. Ad unire i personaggi una sublimazione del dolore e una feroce ironia, forte come il colpo di mitraglia che abbatte uno stormo di gabbiani.

L’Overlook ha così salutato Spotorno e il suo pubblico dando appuntamento a tutti per il prossimo weekend. I corti del risveglio, infatti, ci aspettano Venerdì prossimo, ore 21, presso Piazza Buraggi a Finale Ligure.

1 Commento

  1. IL Corto di Emanuele Palamara “Papà” è un’espressione moderna della vita,per la fretta ,molto spesso, ci dimentichiamo i veri valori

I commenti sono bloccati.