di Alfredo Sgarlato – La rivista inglese “Sight&Sound” dal 1952 ogni dieci anni interroga tutti i critici cinematografici del mondo (quest’anno hanno risposto in 846, coloro che scrivono di cinema sono molto di più di quelli che lo fanno) per stilare la classifica dei cinquanta film più belli di tutti i tempi. Dopo cinque vittorie consecutive nel 2012 c’è un cambio al vertice: “Quarto potere” (“Citizen Kane”) di Orson Welles viene scavalcato da “La donna che visse due volte” (“Vertigo”) di Alfred Hitchcok.

Sono d’accordo? Potrei non esserlo io che a Hitchcock devo persino il mio nome? Ma come si fa a dire qual’è il film più bello della storia… “Quarto potere” è senz’altro il più rivoluzionario sul piano stilistico, ma come perfezione pura io trovo che tra i film di Welles “L’infernale Quinlan” (“The touch of Evil”) sia persino superiore. Interrogato sul tema anni fa avrei risposto “Il volto” (“Ansiktet”) di Ingmar Bergman, che rivedendo di recente ho trovato invecchiato. Già perché anche i film invecchiano. Che dire allora del Cinema muto? In classifica ci sono molti film muti, compreso il famigerato “La corazzata Potemkin” che, ricordiamolo sempre, visto nel 1925 era come oggi vedere “Avatar”, ma è lecito considerare ingenuo, rivedendolo oggi, mentre ancora freschissimi rimangono i film di Buster Keaton. Al contrario trovo datato Godard, in classifica con quattro titoli, rispetto ai confratelli Truffaut (unico presente), Chabrol e Rohmer.

Un po’ di curiosità. Il regista con più titoli ai primi posti non è nessuno dei citati ma Yasuhiro Ozu. La maggioranza dei film è degli anni ’50/’60, gli unici titoli del terzo millennio presenti sono “Mulholland drive” di Lynch e “In the mood for love” di Wong Kar wai, per inciso gli stessi che avrei votato io. Bergman è presente con “Persona”, il suo film più sperimentale. Come l’illustre Mereghetti mi lagno di non vedere in classifica nessun Buñuel, il meraviglioso “La morte corre sul fiume” (“The night of the hunter”), unico film diretto dall’attore Charles Laughton, e “La fanciulla cavaliere errante” (“Hsia nu”) di King Hu, capolavoro del genere wu xia pian (il cappa e spada cinese). Mi duole invece la presenza di Abbas Kiarostami, il regista più sopravvalutato di tutti i tempi.

Tra gli italiani ovviamente Fellini, De Sica, Antonioni, Rossellini e Pontecorvo, più amato all’estero che in patria. C’è un film inedito in Italia, “Jeanne Dielman” di Chantal Ackerman, autrice di cui ciò che ho visto non mi è piaciuto, e uno pochissimo visto, “Satantango” di Bela Tarr, sette ore di durata (ma sbaglia chi lo consideri il film più lungo nella storia, quello è “Out one” di Rivette, venti ore!). Poi è lecito considerare i primi dieci tutti alla pari, e ci sono registi come Kubrick o appunto Hitchcok di cui faccio fatica ad indicare quale sia il film migliore, anche se nel caso di Sir Alfred alla quarta o quinta visione propenderei proprio per “Vertigo”. Alla fine il bello delle classifiche è fare il gioco del chi c’è e chi manca.

* il trend dei desideri: rubrica Corsara di Alfredo Sgarlato