di Alfredo Sgarlato – Per la stagione invernale Palazzo Ducale offre a Genova due mostre apparentemente antitetiche: “Joan Mirò poesia e luce” (fino al 7 aprile) e “Steve McCurry viaggio intorno all’uomo” (fino al 24 febbraio). Un pittore maestro dell’astrattismo e un fotoreporter famoso per le foto di guerra (per i pochi che non lo sapessero la sua foto simbolo è quella della bambina afgana con gli occhi verdi). Apparentemente, poiché alla vista riservano molte sorprese. Mirò, catalano, vissuto a lungo a Maiorca, poco amato in vita in Spagna perché antifranchista, è il tipico pittore che lo sprovveduto liquiderebbe con “questo lo sa fare chiunque”.

In realtà la sua pittura, una volta conosciute le fonti ispiratrici è molto semplice da comprendere. Prova ne è che, come mi racconta Francesca Bogliolo, insegnante d’arte, i bambini capiscono molto bene le sue opere. Molti i suoi maestri: i paesaggisti catalani, di cui riprende, stilizzati, tramonti e orizzonti, i dada, l’arte primitiva, la calligrafia giapponese, ma anche autori suoi contemporanei come Franz Kline, poiché assorbiva tutto. A Genova vediamo soprattutto opere di grandi dimensioni, bicromatiche o con molti colori, quelle che preferisco, ma anche opere di piccole dimensioni realizzate su carta trovata, sculture in bronzo, terracotte. Suggestiva poi una ricostruzione dello studio dell’artista, con alcune opere tra quelle esposte. Sono proiettati video con interviste e racconti di amici e colleghi.

Devo però confessare che, recatomi per vedere soprattutto Mirò, sono rimasto folgorato da McCurry. Forse perché Mirò lo conoscevo già mentre il fotografo americano (Philadelphia 24/2/1950) mi era poco noto. Inoltre l’esposizione di McCurry, cosa che non sempre avviene, è messa in scena in modo mirabile. La prima sala comprende volti umani, bambini e anziani, belli e brutti, sconosciuti e famosissimi (solo due, vi lascio la sorpresa), mutilati, da ogni parte del mondo, fino alle foto finali che riprendono statue, icone, angeli. Le foto sono su sfondo in stoffa semitrasparente, per cui se ne ha una prima visione sfumata, come nella nebbia o in sogno, per poi apparire compiutamente girando gli angoli del labirinto formato dalle stoffe. Poi c’è la stanza dell’orrore: guerra, terrorismo, inquinamento, persone ferite. Una foto è davvero agghiacciante: un bambino in lacrime si punta una pistola alla tempia. Sarà senz’altro ricostruita, ma quanto è sconvolgente…

Di fronte a queste immagini ci si interroga davvero sul significato della vita e del mondo, ammesso che ci sia. Le stanze seguenti presentano soggetti opposti. Scene di vita in ambienti stupendi, bellissimi templi indiani, spiagge, Venezia. Corpi belli e felici. Bambini che giocano su un carro armato inoffensivo. Poster di Bollywood. Foto realmente splendide, spesso alterate nei colori (perché l’artista è tale se reinventa la realtà, non se si limita a riprodurla, ricordatelo sempre). Non è semplicemente una mostra ma un’esperienza imperdibile. Chi non c’è ancora stato si affretti a visitarla.